domenica 20 settembre 2009
COMMENTA E CONDIVIDI
Nel settembre 1989 Giovanni Paolo II si rivolge alle Chiese di tutto il mondo invitandole a pregare e a manifestare solidarietà alla popolazione libanese, travagliata da una durissima guerra. Di lì a due anni convoca un’Assemblea speciale dei vescovi per il Libano che - celebrata nel 1995 - diventa una pietra miliare nella storia di quel Paese e dell’intera area.A vent’anni di distanza, ieri Benedetto XVI ha espresso - ancora una volta - la sollecitudine del Vicario di Cristo per la terra che a Gesù ha dato i natali, convocando per l’ottobre del prossimo anno il primo Sinodo dei vescovi del Medio Oriente. Una scelta profetica per diversi motivi. A cominciare dal tema scelto: "La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza".Che si tratti di una decisione coraggiosa, un azzardo della fede, appare evidente. In Iraq, così come nei Paesi circostanti, le ferite del conflitto sono ancora sanguinanti: tensioni politiche e militari, esodo di profughi, economie allo stremo. Ma, più ancora, su tutta l’area continua a proiettarsi minacciosa l’ombra del conflitto israelo-palestinese, per il quale le soluzioni pacifiche appaiono - almeno a breve - più un auspicio che una possibilità concreta.Benedetto XVI sa bene quanto complesso e fluido sia lo scenario in quel lembo di terra dove il cristianesimo mosse i suoi primi passi e che oggi (ma non da oggi) è teatro di violenza e morte. Proprio per questo ha voluto accogliere - con la sensibilità del pastore attento al "piccolo gregge" - il grido dei cristiani del Medio Oriente. Cosciente com’è, e come vuole che diventi ogni cristiano nel mondo, dell’assoluta originalità della vocazione affidata a questo lembo di terra. Dove convivono, fin dai primi secoli, Chiese antichissime, una moltitudine di riti, cristiani di differenti denominazioni, i quali - tutti - debbono fare i conti con la comunità islamica, quasi ovunque largamente maggioritaria e da tempo (sovente per colpa di fanatismi che poco o nulla hanno a che vedere con la fede) percepita come ostile.L’anno prossimo, dunque, il Medio Oriente sarà posto al centro dell’attenzione della Chiesa universale. Grazie a quell’incontro, le Chiese locali puntano a ritrovare una comunione più autentica e salda fra loro e con Roma, superando attriti secolari e recenti, in modo da rendere la loro testimonianza al Vangelo ancor più credibile ed efficace di quanto già non lo sia. Non v’è dubbio, infatti, che convocando questo Sinodo il Papa voglia portare agli occhi del mondo il patrimonio di fede eroica che tante comunità cristiane del Medio Oriente hanno vissuto e vivono, non di rado esponendosi al rischio del martirio. E tuttavia Benedetto XVI chiede a quelle stesse comunità un supplemento di impegno, uno sforzo ulteriore per rendere visibile il fatto d’essere "un cuore solo e un’anima sola" come la primitiva comunità dei credenti.Infine, se collochiamo la decisione di ieri nel quadro della "geopolitica" di Papa Ratzinger, è possibile intuire un disegno a dir poco lungimirante. Dopo l’epocale "Lettera ai cattolici cinesi" e mentre si sta lavorando alla realizzazione di un viaggio apostolico in Vietnam (uno dei pochi Paesi preclusi al suo predecessore), il Sinodo per il Medio Oriente conferma la straordinaria apertura di orizzonti di questo pontificato. Che, a detta di alcuni, sarebbe troppo "occidentale", se non fosse che i fatti, da soli, sono lì a smentire simili letture caricaturali.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: