giovedì 29 gennaio 2009
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Le parole pronunciate ieri da Bene­detto XVI dovrebbero porre fine ad una polemica che, per certi versi, si poteva evitare. E che poteva essere e­vitata se, ad esempio, la Fraternità San Pio X fosse stata più rapida a prende­re limpidamente le distanze dalle af­fermazioni false e sciagurate di un suo confratello che, essendo passato di­rettamente dall’anglicanesimo al mo­vimento ' lefebvriano', forse non ha avuto ancora il tempo di respirare un’aria autenticamente cattolica. Il Papa è intervenuto ieri al termine della consueta catechesi del merco­ledì e lo ha fatto con due ' comuni­cazioni' distinte. Quasi a rimarcare che le due questioni – la revoca del­la scomunica e le tesi negazioniste pronunciate dal vescovo ' lefebvria­no' – dovevano e devono rimanere distinte. Con buona pace di chi – per ignoranza o per malizia – ha voluto e sembra tuttora voler continuare confonderle. Benedetto XVI ha ribadito che la de­cisione di revocare la scomunica del 1988 l’ha maturata « proprio in adem­pimento di questo servizio all’unità, che qualifica in modo specifico il mio ministero di Successore di Pietro » . A­vendo evidentemente giudicato che questo – non un altro – fosse il mo­mento di agire. « Ho compiuto questo atto di paterna misericordia – ha ag­giunto il Pontefice – perché ripetuta­mente questi presuli mi hanno mani­festato la loro viva sofferenza per la si­tuazione in cui si erano venuti a tro­vare. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori pas­si necessari per realizzare la piena co­munione con la Chiesa, testimonian­do così vera fedeltà e vero riconosci­mento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II » . Benedetto XVI dunque ha revocato la scomunica con un « atto di paterna misericordia » . Ed è sorprendente che tra i più scandalizzati per questo ge­sto si siano mostrati coloro che di so­lito accusano la Chiesa – quella ' rat­zingeriana' oggi e quella 'wojtyliana' ieri – di essere poco misericordiosa, più matrigna che madre. Insomma suona paradossale – o forse no – che, come ha fatto notare il direttore del Riformista ieri, oggi ad invocare la Chiesa delle scomuniche siano i co­siddetti liberal. Ma, è stato detto, il Papa nel revocare la scomunica avrebbe firmato una cambiale in bianco ai ' lefebvriani' che non avrebbero alcuna intenzione di riconoscere l’ultimo concilio della Chiesa cattolica. Ora, le parole pro­nunciate ieri dal Papa sono inequivo­cabili: non c’è alcuna cambiale in bianco. Il Concilio Vaticano II non può essere in discussione. E i 'lefebvriani' se vorranno raggiungere « la piena co­munione con la Chiesa » – che evi­dentemente non è stata ancora rag­giunta con la revoca del decreto di scomunica – dovranno finalmente ri­conoscerlo. In fondo lo stesso Marcel Lefebvre – anche se successivamente mostrerà di pentirsene – accordò il suo placet a tutti gli schemi concilia­ri – Sacrosanctum Concilium e Nostra Aetate inclusi – con l’eccezione della Gaudium et spes e della Dignitatis Hu­manae – e comunque appose la sua firma a tutti i documenti del Vaticano II ( cfr. biografia ' ufficiale' di Bernard Tissier de Mallerais, ed. Tabula fati, 2005, pp. 359- 360). Oltre a questo fatto storico i ' lefeb­vriani' potrebbero farsi aiutare anche dallo splendido discorso sulla corret­ta ermeneutica conciliare che Bene­detto XVI pronunciò alla Curia roma­na alla vigilia del Natale 2005 e che va­ri mal di pancia ha provocato tra i più acerrimi nemici del tradizionalismo cattolico. Il Papa ha compiuto oggi un gesto da padre misericordioso. Spetta a loro o­ra accoglierlo. E con sollecitudine.
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