Le parole pronunciate ieri da Benedetto XVI dovrebbero porre fine ad una polemica che, per certi versi, si poteva evitare. E che poteva essere evitata se, ad esempio, la Fraternità San Pio X fosse stata più rapida a prendere limpidamente le distanze dalle affermazioni false e sciagurate di un suo confratello che, essendo passato direttamente dall’anglicanesimo al movimento ' lefebvriano', forse non ha avuto ancora il tempo di respirare un’aria autenticamente cattolica. Il Papa è intervenuto ieri al termine della consueta catechesi del mercoledì e lo ha fatto con due ' comunicazioni' distinte. Quasi a rimarcare che le due questioni – la revoca della scomunica e le tesi negazioniste pronunciate dal vescovo ' lefebvriano' – dovevano e devono rimanere distinte. Con buona pace di chi – per ignoranza o per malizia – ha voluto e sembra tuttora voler continuare confonderle. Benedetto XVI ha ribadito che la decisione di revocare la scomunica del 1988 l’ha maturata « proprio in adempimento di questo servizio all’unità, che qualifica in modo specifico il mio ministero di Successore di Pietro » . Avendo evidentemente giudicato che questo – non un altro – fosse il momento di agire. « Ho compiuto questo atto di paterna misericordia – ha aggiunto il Pontefice – perché ripetutamente questi presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II » . Benedetto XVI dunque ha revocato la scomunica con un « atto di paterna misericordia » . Ed è sorprendente che tra i più scandalizzati per questo gesto si siano mostrati coloro che di solito accusano la Chiesa – quella ' ratzingeriana' oggi e quella 'wojtyliana' ieri – di essere poco misericordiosa, più matrigna che madre. Insomma suona paradossale – o forse no – che, come ha fatto notare il direttore del Riformista ieri, oggi ad invocare la Chiesa delle scomuniche siano i cosiddetti liberal. Ma, è stato detto, il Papa nel revocare la scomunica avrebbe firmato una cambiale in bianco ai ' lefebvriani' che non avrebbero alcuna intenzione di riconoscere l’ultimo concilio della Chiesa cattolica. Ora, le parole pronunciate ieri dal Papa sono inequivocabili: non c’è alcuna cambiale in bianco. Il Concilio Vaticano II non può essere in discussione. E i 'lefebvriani' se vorranno raggiungere « la piena comunione con la Chiesa » – che evidentemente non è stata ancora raggiunta con la revoca del decreto di scomunica – dovranno finalmente riconoscerlo. In fondo lo stesso Marcel Lefebvre – anche se successivamente mostrerà di pentirsene – accordò il suo placet a tutti gli schemi conciliari – Sacrosanctum Concilium e Nostra Aetate inclusi – con l’eccezione della Gaudium et spes e della Dignitatis Humanae – e comunque appose la sua firma a tutti i documenti del Vaticano II ( cfr. biografia ' ufficiale' di Bernard Tissier de Mallerais, ed. Tabula fati, 2005, pp. 359- 360). Oltre a questo fatto storico i ' lefebvriani' potrebbero farsi aiutare anche dallo splendido discorso sulla corretta ermeneutica conciliare che Benedetto XVI pronunciò alla Curia romana alla vigilia del Natale 2005 e che vari mal di pancia ha provocato tra i più acerrimi nemici del tradizionalismo cattolico. Il Papa ha compiuto oggi un gesto da padre misericordioso. Spetta a loro ora accoglierlo. E con sollecitudine.