Hanno fatto il buco per la Tav, e ora i treni ad alta velocità uniscono Milano a Roma in tre ore. Le Italie si avvicinano all’Italia, la nazione insomma a se stessa, Roma non è più 'lontana' da Milano. E intanto, nello stesso giorno, i parlamentari a grande maggioranza votavano un provvedimento di stampo federalista. Un modo per distanziare o per avvicinare le Italie? E mentre il "piano casa" fa discutere le Italie dei partiti, l’Italia della gente in molti casi tira il fiato coi denti per dar casa ai propri figli. E rimane sgomenta nel vedere le case-loculo ricavate dai cinesi nei sotterranei di Milano. Treni superveloci e uomini come topi. Sono giorni in cui ci troviamo davanti agli occhi, ancora una volta, un Paese che sembra un puzzle di contraddizioni. Uno spettacolo fantastico e tremendo, tra grandi passi in avanti e sferzate al cuore per i tanti disagi, i ritardi. Italia a varie velocità. Come uno che cammini o corra ma con strani movimenti delle gambe, disarticolandosi, sempre sul punto di cadere, o proprio ruzzolando in molti momenti, ma ancora andando, con molti controtempi. E ora che l’ombra della crisi economica sta allungandosi sulla vita di tanti, e da ombra si sta facendo pugno sui sogni o sulle aspettative e anche sui diritti, cosa terrà insieme l’Italia? Cosa potrà tenere insieme questo strano, magnifico e feritissimo volto che emerge da un puzzle straordinario? Lo sappiamo tutti, e bene: non è detto che le difficoltà producano coesione. Non è per nulla scontato. Non mancano i segnali di dissidio, di insoddisfazione che diventano rivendicazioni contro l’altrui gruppo, o l’altro ceto, o l’altrui colore della pelle. O l’altrui appartenenza religiosa. In questo senso, oggi è per tutti imperativo concentrarsi su cosa può unire. Su cosa può tenere insieme. Il che non significa rendere tutti identici. Né sminuire le diversità. In questo senso, è a volte un po’ patetico oltre che inutile chiedere che dai politici venga l’esempio dell’unirsi, della coesione. La politica è proposta delle differenze. È drammatizzazione delle differenze. Se non ci fosse 'scontro' in politica – ma con un certo livello di educazione e correttezza – ci sarebbe da preoccuparsi per lo stato della democrazia. No, non dalla politica ci dobbiamo aspettare ciò che unisce. Ma dal cuore. Ovvero dalla sede del desiderio. Dal punto in cui ognuno decide se la vita è la propria corsa individuale e solitaria oppure se è un dono da condividere. Ci sarà chi dirà che sono parole astratte. Che sono fumo. Ma è esattamente il considerare astratto questo livello della questione ciò che favorisce la divisione, e che fa cedere cinicamente alla legge della giungla. Il cuore inteso come sede dell’ideale è la cosa più concreta e decisiva. Se non si prende sul serio questo desiderio di 'vivere con', di realizzarsi in una coesione, e insomma diciamo la parola giusta, in una coesione reciproca, allora la disarticolazione persino violenta avrà il sopravvento. Se non si coltiva con l’azione e con l’esempio in tutti i campi (culturale, familiare, sociale, e sì anche politico pur facendo ognuno la propria parte) questo desiderio ideale, se non si fa vedere che esso funziona, sì, funziona nel campo del lavoro, del sociale ecc, allora non basteranno tutti i tunnel o tutte le federazioni del mondo a impedire che si viva prima o poi come topi impauriti e rabbiosi nel sottosuolo. Ma chi oggi, mentre quasi tutti si rivolgono al portafoglio o alla voglia di distrarsi o alla mano dotata di matita per il voto, chi oggi si rivolge al cuore degli uomini? Lunedì pomeriggio si è alzata una voce per parlare al cuore degli italiani. Era quella di un vescovo – il cardinale di Genova – mosso da nessun altra ambizione che la carità. Ce ne siamo accorti? Se è no, si tratta di una perdita secca quanto all’ideale da risvegliare. Vediamo di recuperare.