Il diritto ci impone di rispettare l’altro. L’etica ci impone di rispettare l’altro e di rispettare noi stessi. In genere non ci crea alcuna difficoltà capire le ragioni del diritto; ben più difficile è capire le ragioni dell’etica: non è forse vero che ' io sono mio'? E se "sono mio", perché non dovrei fare di me stesso tutto ciò che voglio? Così ragionano gli individualisti radicali, senza rendersi conto di erodere l’etica dal suo stesso interno, fino a farla implodere. Prendiamo come esempio l’esperienza della sessualità, che è tornata prepotentemente di scena, col recentissimo e critico riferimento che il Papa ha fatto all’uso dei preservativi. Il diritto proibisce ogni forma, anche lieve, di violenza sessuale sull’altro: questo lo capiscono tutti. L’etica sessuale è ben più esigente: pretende che io controlli i miei desideri e le mie pulsioni non solo quando sono violente, ma ogni qual volta esse, pur se non violente, pur se poste in essere col consenso del partner, possono incrinare o farmi perdere qualcosa della mia umanità. Non posso infatti abbandonarmi all’atto sessuale mettendo tra parentesi la mia dignità e la dignità di ciò che sto facendo: unendomi all’altro, trascendo la mia animalità di individuo dotato di una pulsione sessuale inserendo nell’atto sessuale la dimensione personalissima e quindi propriamente umana del dono che di me faccio all’altro e nel momento stesso in cui ricevo dall’altro il dono di sé. In questa prospettiva, il no della Chiesa all’uso dei preservativi è in realtà un sì alla compiutezza umana dell’atto sessuale, un atto che fisiologicamente può essere considerato del tutto analogo da quello compiuto dagli animali (soprattutto dai mammiferi superiori), ma antropologicamente è radicalmente diverso, per il significato globale che veicola. L’uso del preservativo, pur giuridicamente lecito, è moralmente problematico, perché toglie alla sessualità umana, almeno in parte, la pienezza del suo orizzonte, frantumandone l’unitarietà in una molteplicità di aspetti destinati a restare separati e non connessi tra loro. Ma in tutte le sue funzioni ( sessuali, familiari, sociali, estetiche, lavorative, ecc.) l’uomo deve restare sempre presente a se stesso nell’unità del suo essere: è a questo che la morale ci chiama. Si obietta: ma l’uso del preservativo ha un’essenziale funzione profilattica, soprattutto in Africa, dove l’Aids è endemico e dove ogni atto sessuale non protetto è rischiosissimo. I preservativi, si è detto, salvano la vita. È vero, come è vero affermare che tutti gli atti sessuali posti in essere da persone contagiate dal virus sono potenzialmente portatori di morte. Situazione disperata e paradossale, quella in cui l’impegno per la vita, cioè l’impegno per il massimo bene umano immaginabile, si pretende che sia affidato, prima che alla responsabilità delle persone, adeguatamente formate e informate sulla malattia, a strumenti tecnici così elementari e così fallosi come i profilattici! La lotta per la vita merita di essere presa ben altrimenti sul serio, come dimostra il fatto che fino ad oggi nessuna campagna per la diffusione dei preservativi in funzione anti- Aids ha registrato alcun concreto successo per il contenimento dell’epidemia, né in Africa, né in altri Paesi. È per questo che il cuore della questione paradossalmente non è sanitario, ma antropologico, cioè in definitiva etico. Le parole del Papa: « I preservativi aumentano i problemi» vanno capite in questo contesto e hanno una profondità che tanti frettolosi commentatori non sono riusciti a cogliere.