giovedì 19 marzo 2009
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Il diritto ci impone di rispettare l’al­tro. L’etica ci impone di rispettare l’altro e di rispettare noi stessi. In ge­nere non ci crea alcuna difficoltà ca­pire le ragioni del diritto; ben più dif­ficile è capire le ragioni dell’etica: non è forse vero che ' io sono mio'? E se "sono mio", perché non dovrei fare di me stesso tutto ciò che voglio? Così ragionano gli individualisti radicali, senza rendersi conto di erodere l’eti­ca dal suo stesso interno, fino a farla implodere. Prendiamo come esempio l’esperien­za della sessualità, che è tornata pre­potentemente di scena, col recentis­simo e critico riferimento che il Papa ha fatto all’uso dei preservativi. Il di­ritto proibisce ogni forma, anche lie­ve, di violenza sessuale sull’altro: que­sto lo capiscono tutti. L’etica sessua­le è ben più esigente: pretende che io controlli i miei desideri e le mie pul­sioni non solo quando sono violente, ma ogni qual volta esse, pur se non violente, pur se poste in essere col consenso del partner, possono incri­nare o farmi perdere qualcosa della mia umanità. Non posso infatti ab­bandonarmi all’atto sessuale metten­do tra parentesi la mia dignità e la di­gnità di ciò che sto facendo: unendo­mi all’altro, trascendo la mia anima­lità di individuo dotato di una pulsio­ne sessuale inserendo nell’atto ses­suale la dimensione personalissima e quindi propriamente umana del do­no che di me faccio all’altro e nel mo­mento stesso in cui ricevo dall’altro il dono di sé. In questa prospettiva, il no della Chie­sa all’uso dei preservativi è in realtà un sì alla compiutezza umana dell’at­to sessuale, un atto che fisiologica­mente può essere considerato del tut­to analogo da quello compiuto dagli animali (soprattutto dai mammiferi superiori), ma antropologicamente è radicalmente diverso, per il significa­to globale che veicola. L’uso del pre­servativo, pur giuridicamente lecito, è moralmente problematico, perché toglie alla sessualità umana, almeno in parte, la pienezza del suo orizzon­te, frantumandone l’unitarietà in una molteplicità di aspetti destinati a re­stare separati e non connessi tra loro. Ma in tutte le sue funzioni ( sessuali, familiari, sociali, estetiche, lavorative, ecc.) l’uomo deve restare sempre pre­sente a se stesso nell’unità del suo es­sere: è a questo che la morale ci chia­ma. Si obietta: ma l’uso del preservativo ha un’essenziale funzione profilatti­ca, soprattutto in Africa, dove l’Aids è endemico e dove ogni atto sessuale non protetto è rischiosissimo. I pre­servativi, si è detto, salvano la vita. È vero, come è vero affermare che tutti gli atti sessuali posti in essere da per­sone contagiate dal virus sono poten­zialmente portatori di morte. Situa­zione disperata e paradossale, quella in cui l’impegno per la vita, cioè l’im­pegno per il massimo bene umano immaginabile, si pretende che sia af­fidato, prima che alla responsabilità delle persone, adeguatamente forma­te e informate sulla malattia, a stru­menti tecnici così elementari e così fallosi come i profilattici! La lotta per la vita merita di essere presa ben al­trimenti sul serio, come dimostra il fatto che fino ad oggi nessuna cam­pagna per la diffusione dei preserva­tivi in funzione anti- Aids ha registra­to alcun concreto successo per il con­tenimento dell’epidemia, né in Afri­ca, né in altri Paesi. È per questo che il cuore della questione paradossal­mente non è sanitario, ma antropolo­gico, cioè in definitiva etico. Le paro­le del Papa: « I preservativi aumenta­no i problemi» vanno capite in questo contesto e hanno una profondità che tanti frettolosi commentatori non so­no riusciti a cogliere.
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