Caro direttore,siamo ancora nel pieno della crisi economica e sociale, nonostante qualche timido segnale di rilancio della produzione. Ci sono migliaia di lavoratori in attesa della cassa integrazione, centinaia di aziende che rischiano la chiusura per effetto del calo dei consumi e della domanda interna. In questi mesi, il divario del Paese è cresciuto con un aumento drammatico dei livelli di disoccupazione, di povertà e di emarginazione sociale. Ma non è con il populismo – o, peggio ancora, con il vizio molto italiano del "benaltrismo" – che si risolvono i problemi. Sarebbe un errore storico se anche il sindacato confederale, in questa fase indubbiamente difficile e complicata, si unisse a chi predica la logica del "tanto peggio, tanto meglio".
Il lavoro e lo sviluppo economico non si costruiscono solo a colpi di legge o con proposte fumose e spesso strampalate. L’occupazione per i giovani e le donne può arrivare solo da una buona economia, aumentando la produttività e rendendo più favorevoli i nuovi investimenti. Ma bisogna concentrarsi, con un impegno straordinario e non ordinario, anche delle infrastrutture, dei costi troppo alti dell’energia, dei trasporti, dello smaltimento dei rifiuti, delle assicurazioni, della giustizia civile troppo lenta, della criminalità. Ecco perché la legge di stabilità è stata finora una occasione mancata e non ha rappresentato quel segnale di svolta, quello choc positivo che la Cisl si aspettava sia sul versante della politica fiscale, sia per quanto riguarda un sostegno ai redditi e ai consumi dei lavoratori e dei pensionati.Le tasse troppo elevate stanno strangolando l’economia italiana. Tra imposte nazionali, addizionali e balzelli locali, dal 2009 a oggi, i lavoratori hanno perso circa mille euro all’anno del loro potere d’acquisto. Abbiamo un sistema fiscale irresponsabile nel quale, a causa di una idea distorta di federalismo, manca un azione di coordinamento e un controllo sui vari livelli di tassazione. Per questo, insieme agli altri sindacati, abbiamo protestato in tutte le Regioni d’Italia e lo faremo ancora nei prossimi giorni. Ma occorre sfidare i nostri interlocutori con proposte concrete e obiettivi precisi su cui aprire una discussione franca con tutti i cittadini e in tutti i posti di lavoro. Questa deve essere la funzione responsabile del sindacalismo confederale e dei corpi collettivi. Tocca a noi, come è avvenuto in altri momenti difficili della vita del Paese (penso alla stagione del terrorismo o alla crisi dei primi anni Novanta) indicare una prospettiva di riforme e di nuova governabilità. Sia chiaro: non faremo sconti al Governo nazionale, alle Regioni, agli Enti locali e a quanti non vogliono intaccare questo vero e proprio sistema feudale. Per abbassare le tasse, secondo noi, l’unica strada è quella di tagliare la spesa pubblica improduttiva e combattere l’evasione. Ed è incoraggiante che, dopo l’appello comune di tutte le parti sociali, il Governo abbia manifestato l’intenzione di seguire questa strada: creare un fondo dove far confluire i risparmi della spending review e destinando automaticamente tali risorse per la riduzione delle tasse.
Aspettiamo il Governo alla prova dei fatti. Vedremo se si tratta di un bluff o di una reale volontà di cambiare le cose. Si cominci con il dismettere subito il patrimonio immobiliare e demaniale che ammonta a circa 400 miliardi di euro. Chiudiamo tutti gli enti inutili ancora in piedi, le troppe società in house piene di debiti delle Regioni e quelle aziende locali dove si annidano sprechi, ruberie e inefficienze. Obblighiamo i mille centri di spesa pubblici a rispettare i costi standard della Consip. Mettiamo sul mercato le micro aziende statali, regionali o comunali mal gestite, lottizzate dai partiti e che non fanno utili. Riduciamo gli appalti, le consulenze e il numero esorbitante dei dirigenti pubblici spesso strapagati, legati alla politica e senza alcun controllo di merito. Anche noi siamo contrari a ulteriori patrimoniali che rischiano di ricadere solo sulle spalle della povera gente, come è accaduto con le eccessive tasse sulle case. Ma un Paese civile non può consentirsi di tassare la speculazione finanziaria al 20%, meno del denaro "sudato", come avviene in tutta Europa. O di proteggere il gioco d’azzardo online e i video giochi con una tassazione scandalosa dallo 0,6 al 3% delle giocate. Lo abbiamo detto al presidente del Consiglio: la Cisl è pronta a collaborare con il Governo sulla spending review, ma a condizione che tutto si faccia in maniera trasparente e con impegni precisi da parte della politica. Dobbiamo stanare chi vuole il cambiamento e chi invece abbaia alla luna solo per coprire il proprio conservatorismo o le rendite di posizione. I primi a pagare l’irresponsabilità sono proprio i dipendenti pubblici che da sette anni sono senza contratto e senza la possibilità di turn over. Occorre davvero voltare pagina. Ecco perché continueremo a tenere alta la nostra pressione, in sinergia con le imprese. Da questa crisi si esce solo insieme.