Ma la sua tomba doveva, come si era deciso alla sua morte, restare segreta, affinché nessuno di coloro che vogliono tributargli onori, saluti, elogi, inni possa farlo: la colpa di Priebke ha offeso non un uomo, una famiglia, una comunità, ma l’umanità, e di quella colpa Priebke non si è mai pentito. Sapendo che è stata stabilita così, giustamente, la segretezza della tomba, ieri abbiamo appreso molte cose, troppe, che ci fan pensare che quella segretezza durerà molto poco, e non mi stupirei se, quando legge questo articolo, il lettore sapesse già dov’è. Le cose che sappiamo non dicono 'dov’è', ma danno molte indicazioni che possono guidare chi la cerca a trovarla. Della tomba noi non dovevano sapere nemmeno se era in Italia, Argentina o Germania. Ora sappiamo che è in Italia. Non dovevamo sapere chi lo sa.
Ora sappiamo che lo sa il direttore di un carcere, che ha ricevuto l’ordine di provvedere alla sepoltura e l’ha eseguito. Non dovevamo sapere se è in qualche cimitero speciale, civile o militare. Ora sappiamo che è nel cimitero abbandonato di un carcere, dove da vent’anni e più non si scavano nuove sepolture. Sapendo questo, possiamo domandarci: quanti sono in Italia i cimiteri abbandonati di carceri? La bara di Priebke fu prelevata all’alba di una domenica alle ore 3,45, e caricata su un furgone civile, non un carro funebre.
A eseguire i lavori materiali, scavo con le vanghe e interramento, furono, pare, due detenuti extracomunitari: si suppone che gli extracomunitari non fossero al corrente della vicenda del capitano nazista, ed abbiano eseguito il lavoro come automi; ma la storia ha avuto un tale clamore, che c’è da dubitare che nelle carceri non ne fossero informati. Infine, la tomba non è stata segnata dal nome e cognome del defunto, ma da un numero, questo numero è stato trascritto in una busta chiusa, questa busta verrà consegnata al figlio di Priebke quando a dicembre verrà in Italia per far visita a quel che resta del padre.
Fin qui, colui che sa tutto è il direttore del carcere, che è sempre stato presente all’operazione e l’ha guidata. Il segreto è garantito da lui solo: parlerà? Io sono sicuro di no, in Italia ci sono funzionari dello Stato integerrimi, che fanno il loro dovere col massimo scrupolo e si mantengono nell’ombra. Quest’uomo non dirà niente neanche alla moglie, e del resto le mogli dei funzionari dello Stato imparano presto, fin dal primo anno di vita insieme, a discutere di tutto tranne dei segreti professionali del marito. Il rischio non è che il segreto si spappoli perché chi è vincolato alla consegna la víola.
Un segreto è come un liquido in un recipiente (lo diceva già il Manzoni nei Promessi Sposi): se ne perde una parte a ogni travaso, e qui i trasbordi della salma da un carro all’altro furono più d’uno, e se si può dire (credo che fino ad oggi si possa dirlo) che a sapere tutto è una sola persona, si può anche sospettare che a sospettare qualcosa siano molti. Comunque, se il pericolo era quello dei tributi d’onore che potevano arrivare a un morto che non li merita, non arriveranno mai. Perché l’accesso a un carcere non è libero. Verso sera circolava la voce che il cimitero fosse precisamente il cimitero in disuso di un carcere militare. Questo rafforzerebbe l’efficacia della soluzione. Se è questa, è la migliore possibile.
Colui che ha commesso un crimine mostruoso e non se n’è mai pentito resterà per sempre nell’area di una prigione, chi lo visiterà dovrà entrare in una prigione, la prigione è il luogo esatto dove un crimine come quello, mai seguito da una richiesta di perdono e da una dimostrazione di ravvedimento, doveva umanamente finire. Lì è finito. E lì rimane.