A nche noi il 17 marzo, in una delle nostre chiese di montagna, celebreremo l’Unità d’Italia con Messa e Te Deum. Pregheremo per questa Italia che era un’unica realtà – attraversata da molteplici linee di scambi e parentele – molto prima di essere un solo Stato. Scorre lo stesso sangue nelle vene dei liguri e dei siciliani occidentali. Le genti del Sannio campàno hanno da duemila anni parenti e discendenti a Massa-Carrara. In Abruzzo, in Calabria e in Sicilia vivono gli eredi degli albanesi inviati da Scanderberg a metà del Quattrocento.Ringrazieremo Dio per la nostra lingua comune. Un fiorentino del Trecento ha costruito con questa lingua un monumento della letteratura universale; un milanese dell’Ottocento l’ha rimessa nel circuito popolare; a Natale, accanto al presepe, si cantano le strofe di un avvocato napoletano, vescovo e santo. Pregheremo ricordando le maestranze che da ogni regione italiana, nel Sei e nel Settecento, sono andate ad abbellire Roma, Napoli, Ferrara e Venezia. L’Ottocento ha portato i carbonai veneti in Toscana e Liguria; il Novecento ha visto le mondine abruzzesi e molisane nelle risaie piemontesi; i pescatori di San Benedetto del Tronto hanno circumnavigato lo Stivale per stabilirsi alla foce del Magra, tra Liguria e Toscana.Ricorderemo il popolo del Sud che nel dopoguerra è salito a costruire strade, case e fabbriche nel Nord. Gli accenti meridionali risuonano ancora a Genova, a Torino, a Milano. Ringrazieremo Dio per i cristiani eminenti che hanno alimentato la crescita spirituale e umana dell’Italia. Per Bruno, fondatore dei certosini, che ha trovato la pace monastica sulle Serre della Calabria. Per Antonio che ha camminato dalla Calabria al Veneto prima di legare il suo nome a Padova. Per il veneto Gaetano di Thiene che ha servito il popolo, la gioventù, i poveri, i malati di Napoli. Per Luigi Orione, ligure-piemontese, sempre in prima linea nel soccorso ai terremotati di Messina e d’Abruzzo. Ringrazieremo per la gente comune, che si è mossa tante volte per soccorrere il Paese ferito: i giovani a ripulire Firenze e i suoi tesori dal fango dell’alluvione, le amministrazioni pubbliche e private e i volontari ad assistere il Belice e l’Irpinia. Se oggi accettassimo l’idea che ogni territorio si tiene il 'suo', significherebbe che non abbiamo più bisogno di fraternità e di solidarietà. E nel dividere la ricchezza, chi terrà conto di debiti e crediti? E la Storia? E la cultura? Non si possono dividere, solo condividere.Ascolteremo i maestri di unione. Don Puglisi, don Diana, il giudice Livatino, testimoni di verità fino al dono della vita: hanno lavorato per il Nord, il Centro e il Sud. Come il commissario Giovanni Palatucci, che ha unito Nord e Sud nell’impresa di strappare i perseguitati ebrei alla barbarie nazifascista.Ringrazieremo Dio per la Costituzione repubblicana, per i Padri fondatori che 64 anni fa – superando divisioni e contrapposizioni – ce l’hanno preparata, per i maestri cristiani che l’hanno fatta amare, da Alcide De Gasperi a Giuseppe Dossetti e a Lorenzo Milani. Ringrazieremo Dio perché il Patto costituzionale sta resistendo alle tentazioni di indebolirlo. Pregheremo per chi ha il potere e il dovere di servire il Paese tutto. E per gli anziani che hanno faticato per costruire il presente. Ringrazieremo assieme ai giovani che rifiutano sballo e disimpegno, che si preparano a servire il bene comune, che intendono difendere l’eredità di una memoria italiana condivisa.