È realistico pensare che ci sia una brusca inversione di tendenza da qui a dicembre? Riusciremo a usare in modo efficace le risorse che verranno stanziate per offrire a ogni giovane la possibilità di un percorso formativo o lavorativo, evitando che rimanga in stand by per più di 4 mesi? Non siamo all’anno zero. Esiste già una rete che potrebbe permetterci di arrivare facilmente a tutti i ragazzi: quella delle scuole, dei centri di formazione professionale accreditati, delle università; ma chiedere a queste istituzioni di pubblicare i curricula degli studenti sul portale "click lavoro" come è stato fatto quattro anni fa, non basta.
Il progetto Fixo, avviato 3 anni fa da Italia lavoro, aveva già fatto un passo in avanti proponendo di aprire servizi per l’impiego dentro 500 scuole-polo, ma, a 6 mesi dalla chiusura del bando, il progetto non è ancora diventato esecutivo e comunque continua ad affidare il tema del rapporto con il lavoro a specialisti esterni alla scuola e alle imprese. È difficile integrare a posteriori ciò che nasce diviso all’origine. Senza annodare filiere formative e filiere produttive in modo sistematico e capillare fin dall’inizio, sarà impossibile creare nel nostro Paese un tessuto capace di sostenere il piano di garanzia per i giovani di cui si sta parlando in questi giorni.
Questa trama potrebbe essere tessuta utilizzando le linee guida dell’articolo 52 pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 19 aprile 2013. Il disegno è semplice: allineare filiere formative e filiere produttive attraverso la costruzione di poli tecnico professionali ed il potenziamento del livello terziario di istruzione tecnica sul modello delle Fachschule tedesche (gli ITS). I poli sono reti fra scuole, centri di formazione professionale e realtà produttive che nascono per condividere laboratori e competenze professionali per creare relazioni internazionali, per innovare i programmi didattici, per aggiornare i docenti, per fare alternanza scuola- lavoro, per gestire percorsi di riqualificazione professionale, per offrire servizi per l’impiego, per avviare l’apprendistato di primo livello.
Fare crescere poli tecnico professionali e potenziare gli ITS significa stringere i nodi di una rete in grado di arrivare in pochissimo tempo ed in modo efficace a migliaia di giovani. In poco tempo, perché di fatto esistono già nel nostro Paese esperienze consolidate che permettono un processo osmotico fra scuole, centri di formazione professionale e mondo del lavoro. In modo efficace, perché alcuni esempi concreti lo dimostrano: il polo della robotica a Torino, il polo delle automotive a Chieti, il polo del Mare a Genova , il polo calzaturiero nelle Marche, il polo dell’aero-spazio a Francavilla, il polo della logistica a Verona, il polo delle tecnologie per la vita a Pomezia. Esiste anche un piano esecutivo per utilizzare lo strumento dei poli tecnico-professionali come leva per l’occupazione giovanile.
Il 22 luglio prossimo scade il primo bando di 13 milioni di euro pubblicato dalla Regione Calabria per l’avvio di poli tecnico professionali nel settore turistico ed agro-alimentare. È un bando che chiede un cambiamento di prospettiva radicale: l’obiettivo non è fare progetti per dare risorse alle scuole o alle aziende in modo assistenzialistico, ma finanziare idee capaci di migliorare le possibilità di occupazione dei giovani e di crescita delle aziende. I risultati attesi indicati nel bando sono un aiuto concreto per mettere in cantiere azioni efficaci e per aprire la strada al piano di garanzia per i giovani in due settori come il turismo e l’agri-business che hanno un grande potenziale di sviluppo per la Calabria.
La Campania ha già pubblicato un avviso di manifestazione di interesse per costruire con la stessa logica , ma su più filiere, un bando in cui verranno stanziati 50 milioni .La Sicilia dovrebbe partire a breve per mettere a bando con lo stesso principio 18 milioni. Sono risorse del PAC 2013, recuperate nell’autunno scorso attraverso un piano comune fra il ministero della coesione, le Regioni, il ministero dello Sviluppo economico, il ministero del Lavoro e le parti sociali, avendo come riferimento lo studio sulle filiere produttive del MISE e le linee guida dell’articolo 52 del decreto sviluppo. Non possiamo più permetterci il lusso di perdere tempo e dissipare risorse.