Povertà e diseguaglianze, emergenza climatica, depressione e povertà di senso del vivere, conflitti feroci e primitivi che riemergono nel Vecchio continente e nel Mediterraneo.
La comunità globale può ancora salvarsi e invertire la rotta, ma deve cambiare spartito, deve suonare una musica diversa da quelle che producono disarmonie e cacofonie che il senso comune non riesce più a sopportare, esprimendo in molte forme il suo disagio e abbandonando in numero crescente le urne, che a giugno saranno quelle per il Parlamento europeo.
Il nuovo spartito parte da una verità empirica ignorata, quella della soddisfazione e ricchezza di senso di vita che gli studi sempre più numerosi dimostrano dipendere in modo cruciale (in tutte le epoche e in tutte le parti del mondo) dalla generatività e dalla qualità della vita di relazioni. E, partendo da questo, sviluppa una visione diversa di persona, di impresa, di valore, di politica più coerente con la verità empirica.
La persona nella vecchia vulgata è avida e massimizzatrice di consumi e di risorse economiche, che rappresentano le sue uniche fonti di felicità. Non essendo interessata alle relazioni è priva di quell’intelligenza relazionale che è invece ingrediente fondamentale sia per la fioritura della propria vita individuale sia per il successo nella vita sociale ed economica. L’intelligenza relazionale è saper fare la quinta operazione, quella della cooperazione, per la quale uno con uno fa sempre e comunque più di due. La vita è uno sport di squadra, perché anche l’artigiano e l’impresa individuale per poter sopravvivere e prosperare deve relazionarsi con gli attori economici a monte e a valle della filiera.
Dagli studi sulla felicità emerge in modo sempre più chiaro ed evidente che gli esseri umani amano “avere” (hanno bisogno di risorse che garantiscono stabilità) ma anche (e molto) “dare”. La componente principale della felicità si chiama generatività, intesa come impatto positivo della nostra vita e delle nostre azioni sui nostri simili e sulla sostenibilità ambientale ovvero sostenibilità del nostro benessere, di quello dei nostri figli e di chi verrà dopo di noi.
La generatività non è rimasta nei libri di filosofia, ma sta penetrando nell’agire economico. In finanza crescono le emissioni (green, sustainability linked e social bond per fare un esempio) che rispondono a una domanda degli investitori globali centrata non solo su rendimenti corretti per il rischio, ma anche sulla generatività e sull’impatto sociale e ambientale degli investimenti finanziati. In parallelo entra in scena una nuova generazione di imprenditori “più ambiziosi” che non guarda solo al profitto ma anche all’impatto (e con essa le forme d’impresa si evolvono includendo sempre di più la dimensione della responsabilità sociale ed ambientale, purtroppo spesso più dichiarata che realizzata).
Il nuovo spartito parte da questi dati di fatto e da una visione non più angusta, miope ed avvilente della realtà e delle sue potenzialità, e suggerisce di mettere all’orizzonte dell’azione politica criteri di benessere multidimensionale orientati a massimizzare le possibilità di generatività - il contrario della depressione e della povertà di senso del vivere - come la facilità di creare organizzazioni, la longevità attiva, il superamento della piaga dei Neet (i giovani che non lavorano né studiano). E avverte che i sali minerali che evitano l’impoverimento del terreno su cui nascono e crescono le istituzioni democratiche sono quella partecipazione, quel civismo, quel capitale sociale che politiche solo “paracadutate” dall’alto tendono invece a spegnere. Per questo investe in soluzioni che risolvano problemi, ma allo stesso tempo creino spazi di protagonismo e partecipazione come amministrazione condivisa, comunità energetiche, comunità educanti, consumo e risparmio responsabile.
Esiste infatti un insieme di buone pratiche, reti civili che da anni sorprendentemente e simultaneamente senza collegarsi stanno suonando in anteprima questo spartito e risolvendo dal basso tanti problemi, suggerendo vie d’uscita alla stessa politica. È sbagliata l’idea che la politica sia solo quella dei partiti. Ad esempio la buona pratica del lavoro in carcere, che riduce la recidiva dell’80%, si afferma grazie al talento di imprenditori sociali e solo dopo si inizia a parlare di leggi nazionali. Così la più recente riforma della Costituzione (che introduce i principi della salute e della tutela ambientale tra quelli di riferimento dell’attività dell’impresa) è promossa dalle reti della società civile e poi votata ed approvata in Parlamento. È arrivato il momento di connettere queste forze civili sempre meglio, per fare massa critica ed attrarre opinione pubblica e partiti vecchi e nuovi a suonare la nuova musica, rafforzando con essa il pilastro della società civile che è ricchezza del Paese.
La cacofonia di vecchi e superati modelli economici, di populismi e di radicalismi è l’esito di una cultura ha assolutizzato la ricerca della libertà da una parte e dell’eguaglianza dall’altra, dimenticando il ruolo chiave della fraternità. Di lì nascono tutti i nostri problemi. È il momento di cogliere l’opportunità di un vuoto e di una domanda che s’incontra con visione e prassi di una parte importante della nostra società. Bisogna cambiare insieme lo spartito.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: