Il gesto con cui Benedetto XVI aprirà di fatto il suo viaggio nella Repubblica Ceca, sabato poco dopo mezzogiorno, potrebbe apparire a prima vista soprattutto un atto devozionale. L’incoronazione della famosa statua del Gesù Bambino di Praga, invece, va ben al di là del suo pur importante valore religioso e offre la principale cifra interpretativa di questo pellegrinaggio che fonde in sé passato recente e futuro prossimo del Paese mitteleuropeo e, a ben vedere, dell’intero continente. Quell’atto di incoronazione è, infatti, un chiaro segnale che il Papa trasmette non solo alla secolarizzata società ceca, ma a tutta l’Europa, affinché ritrovi le proprie radici cristiane. Quelle stesse radici che il comunismo, con la tragica illusione dell’ateismo di Stato, si è impegnato a fondo per estirpare e che oggi un altro tipo di ateismo – meno ideologico, forse, ma di certo non meno pericoloso – punta a cancellare.Da questo punto di vista, il viaggio di Papa Ratzinger in uno dei Paesi-chiave ai tempi della guerra fredda assume una valenza simbolica ancora più forte. Qui nel 1968 è esplosa si è drammaticamente consumata la primavera di Praga, qui nel 1989 s’è accesa e ha vinto la straordinaria "rivoluzione di velluto". Ma questo è anche uno dei Paesi più secolarizzati d’Europa, con quasi il 60 per cento di non credenti e una Chiesa cattolica, che pur essendo la confessione di gran lunga più radicata (31 per cento), è pur sempre minoritaria tra gli oltre 10 milioni di abitanti.A vent’anni esatti dalla caduta del regime sovietico, dunque, Benedetto XVI si reca a visitare la Repubblica Ceca, per ricordare quel fondamentale passaggio storico, ma anche per assumere la croce di una situazione socio-religiosa complicata e difficile e proiettare nel futuro l’impegno della rinata comunità cristiana.Ma che cosa è avvenuto in questi vent’anni? Che cosa ha prodotto nei Paesi dell’ex blocco comunista il ritorno alla libertà politica? La secolarizzazione con cui la Chiesa cattolica ceca – ma il problema è di tutto il Continente – si trova a fare i conti, indica una priorità di impegno, sulla quale più volte lo stesso Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione e che, non è difficile prevederlo, costituirà anche l’intonazione di fondo dei suoi discorsi di sabato, domenica e lunedì. Del resto il Papa lo ha già detto all’Angelus del 20 settembre: «La Repubblica Ceca si trova geograficamente e storicamente nel cuore dell’Europa e, dopo essere passata a traverso i drammi del secolo scorso, ha bisogno, come l’intero Continente, di ritrovare le ragioni della fede e della speranza».In tal modo questa visita si iscrive nella scia dei grandi viaggi europei del Pontefice tedesco. Dal grandioso discorso di Regensburg, passando per la Polonia e Auschwitz, fino a toccare l’Austria di Mariazell e Vienna e la Francia di Lourdes e Parigi, oltre che naturalmente l’Italia delle diverse diocesi e della fede di popolo, Benedetto XVI ha dispiegato in questi primi suoi anni di Pontificato un vero e proprio "magistero continentale", che si aggiunge e completa quello di Giovanni Paolo II. Un magistero che indica al Vecchio Continente la strada di una fede pensata, amica dell’intelligenza, e di una razionalità allargata fino a ricomprendere le istanze della trascendenza. Una riflessione offerta anche al migliore pensiero laico, per suscitare nuovi-antichi spazi di lavoro condiviso e di convergente impegno per il bene comune.Di questo magistero, a Praga e Brno, il Papa certamente ci offrirà un nuovo capitolo. Quello nella Repubblica Ceca è davvero un viaggio nel cuore dell’Europa.