«Il Papa è con voi. Oggi sono qui in persona, ma ogni giorno accompagno spiritualmente ciascuno di voi nei miei pensieri e nelle mie preghiere». Così Benedetto XVI si rivolge ai piccoli ospiti del Baby Hospital, il centro per l’infanzia di Betlemme sostenuto dalle Conferenze episcopali tedesca e svizzera, e le parole del pellegrino vestito di bianco, che si commuove accarezzando un bimbo nato prematuro, possono valere per un’intera giornata tramata di uno speciale affetto per «i più vulnerabili». Ma l’affetto, anzi, l’amore del Papa non è fazioso, anche ieri ha fatto chiaramente capire che per lui non ci sono figli e figliastri, e che, in altre parole, questo suo è un pellegrinaggio di pace che tiene ugualmente presenti le legittime aspirazioni dei popoli israeliano e palestinese, per i quali la Santa Sede propugna la nascita di due Stati indipendenti, sovrani, con confini internazionalmente riconosciuti. Il Papa ieri non si è dunque scostato da questa linea, ma illuminando idealmente l’intera giornata con la luce di quel «faro di speranza» (il Baby Hospital) «circa la possibilità che l’amore ha di prevalere sull’odio », ha tenuto specialmente, e diremmo teneramente nella Piazza della Mangiatoia a ricordare la storia dolorosa dei palestinesi. «Il mio cuore – esordisce – si volge in maniera speciale ai pellegrini provenienti dalla martoriata Gaza (...) vi chiedo di portare alle vostre famiglie il mio caloroso abbraccio (...) siate sicuri della mia solidarietà nell’immensa opera di ricostruzione che vi sta davanti e delle mie preghiere che l’embargo sia presto tolto». Ma dopo tante sofferenze, «al di sopra di tutto – aggiunge il Papa – siate testimoni della potenza della vita, della nuova vita donataci dal Cristo risorto (...) La vostra terra non ha bisogno soltanto di nuove strutture economiche e politiche, ma in modo più importante di una nuova infrastruttura 'spirituale'». Con tono appassionato, il Papa aggiunge: «siate un ponte di dialogo e di collaborazione nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione». Ma, per duro e doloroso che sia il momento, la fiducia del Papa nell’uomo non vacilla. «Voi – dice – avete le risorse umane per edificare la cultura della pace», e insomma, conclude echeggiando le parole dell’angelo ai pastori di Betlemme, e quelle memorabili di Giovanni Paolo II, «non abbiate paura». L’esortazione che ha concluso l’omelia in piazza accompagna un ragionamento che si rivolge al mondo politico. Per esempio, durante la cerimonia mattutina di benvenuto a Betlemme, Benedetto XVI si era fatto nuovamente supplice, come il giorno del suo arrivo in Israele. «Supplico tutte le parti coinvolte in questo conflitto – aveva detto– ad accantonare qualsiasi rancore e contrasto che ancora si frapponga sulla via della riconciliazione (...) Una coesistenza giusta e pacifica (...) può essere realizzata solamente con uno spirito di cooperazione e mutuo rispetto», tra l’altro puntando ad alleggerire «i gravi problemi riguardanti la sicurezza», «così da permettere una maggiore libertà di movimento, con speciale riguardo per i contatti tra familiari e per l’accesso ai luoghi santi». I palestinesi, e il Papa lo sa e lo dice, sono le vittime maggiori della situazione attuale, ma questo non li assolve di tutto. «Non permettete – dice loro Benedetto XVI – che le perdite di vite e le distruzioni (...) suscitino amarezze e risentimento nei vostri cuori. Abbiate il coraggio di resistere ad ogni tentazione di ricorrere ad atti di violenza o di terrorismo ». A sera, concludendo la «memorabile giornata, il Papa posa pensoso lo sguardo sul muro che separa i due popoli, sui profughi del campo di Aida. È colpito profondamente, al presidente palestinese Mahmud Abbas dice: «Con angoscia ho visto la situazione dei rifugiati, ho visto il muro che si introduce nei vostri territori, separando i vicini e dividendo le famiglie», e la sua memoria corre al muro di Berlino. Sospira, il Papa tedesco, ma subito lancia parole che sono riassunto e sigillo di un giorno, e non soltanto di un giorno: «I muri non durano per sempre».