martedì 27 ottobre 2015
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​Non siamo foglie agitate e portate via dal vento. Siamo Chiesa, “colonna e sostegno della verità”. Chiesa che cammina per i sentieri impervi della storia, sotto la guida dello Spirito Santo. A tutti coloro che sono nella Chiesa viene richiesto un supplemento di umiltà. Siamo tanti e così diversi tra noi, ma tutti affascinati da Cristo, vero Dio e vero uomo. Potrebbe accadere a tutti di dare troppa attenzione alle nostre idee, ai nostri modi di vedere, alle nostre tradizioni e andare per conto nostro. Per questo il Signore non ci ha lasciati allo sbaraglio, ma ci ha inserito nella Chiesa. Dobbiamo imparare a dire continuamente “grazie”. Grazie per il dono della vita e della fede. Grazie per la Chiesa, il Papa, tutti i papi, questo Papa. Grazie per il Sinodo che si appena concluso. Abbiamo camminato insieme. Con fatica ma anche con tanta gioia e tanta fede. Abbiamo pregato, atteso, sperato. È facile zittire l’altro. Lo abbiamo fatto tante volte. La storia ce lo ricorda. Mettersi in ascolto è più difficile che prendere la parola, ma è l’unico modo per conoscere veramente chi ci sta di fronte. Per non cadere in quella “fede da tabella” di cui ci ha messo in guardia il Papa nell’omelia di domenica. “Fede da tabella”: avere, cioè, già tutto chiaro, tutto predisposto. Andare per la propria strada senza fermare lo sguardo su chi ti passa accanto. Forse avevano innestato questa strana “fede da tabella” il sacerdote e il levita ai quali accenna la parabola del buon samaritano. Non andavano a fare peccati, per carità. Erano diretti a compiere atti di culto. Ma non furono capaci di scorgere l’uomo mezzo morto incappato nei briganti. Scegliere tra il bene e il male non è poi così difficile. Più difficile è discernere tra un bene e un altro bene. Comprendere oggi, in questo momento, in questa situazione, davanti a questa persona che cosa sono chiamato a fare. “Lascia Dio per Iddio” diceva san Vincenzo De Paoli. Non ti rammaricare di abbandonare la preghiera per correre in aiuto di un fratello che ha bisogno di te. Domenica il vangelo ci ha riprosposto il momento in cui Bartimeo, cieco, incontra Gesù e gli grida il suo dolore. Stupisce il comportamento degli amici del Maestro, che tentano di zittirlo. Perché mai? Di che hanno paura? Gesù, invece, lo fa chiamare ed entra in dialogo con lui. Lo ascolta. Guarisce la sua cecità. Bartimeo è l’icona di tutti i poveri che cercano Dio. E noi cristiani dobbiamo chiederci onestamente se, pur non volendo, qualche volta anziché aiutare questi prediletti di Gesù – malati, sfruttati, poveri, derelitti – a incontrarlo, non abbiamo rischiato di fargli da scudo. Magari ci siamo ritrovati a pensare, come ha detto il Papa, che «chi dà fastidio o non è all’altezza è da escludere. Gesù invece vuole includere, soprattutto chi è tenuto ai margini e grida a Lui». Oro e argento non possediamo, ma abbiamo il dovere di « porre l’ uomo a contatto con la Misericordia compassionevole che salva…Oggi è tempo di misericordia!». Il rischio di rimanere “sordi” davanti al grido del “cieco” del nostro tempo è sempre in agguato. Attenzione allora a non cadere nella trappola e ritrovarci a essere “abitudinari della grazia” pur senza volerlo. Pur con le migliori intenzioni. Pur con il desiderio di servire Gesù e la sua Chiesa. Non deve accadere. Accogliamo, allora, il consiglio del papa e diciamo una volta per sempre un deciso “No al pessimismo”. In fondo altro non è che manzanza di fede e di speranza. Convinciamoci che se a noi sta a cuore la Chiesa e il mondo, per questa Chiesa e per questo mondo il Signore Gesù Cristo è morto. Gli apparteniamo. Siamo suoi. Tutti. Sempre. E per non perderci è disposto a farsi mendicante: «Figlio dammi il tuo cuore». Siamo chiamati tutti ad allargare a dismisura le braccia per accogliere i fratelli con i quali condividiamo la gioia e la bellezza della vita, ricordando che chi ha ricevuto di più ha l’obbligo di donare di più. 
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