Caro direttore, vorrei rivolgermi attraverso il suo giornale ad Alessandro Zan e ad Andrea Ostellari. Ho avuto modo, non solo perché siamo tutti e tre padovani, di conoscervi entrambi e non finisco di stupirmi quando vi vedo issati sui fronti contrapposti delle vostre tifoserie. La tifoseria in materie come quelle regolate dal diritto penale è meglio lasciarla da parte.
Trovo che ci sia una buona dose di reticente ipocrisia in chi agita le tifoserie. È vero che chi incita all’odio o fa violenza contro i diversi (di qualunque appartenenza) viene già colpito nel nostro Codice penale. Ma tutti sappiamo anche che solo da pochissimo tempo presidi e insegnanti hanno il coraggio di stigmatizzare i piccoli, anche piccolissimi, ma devastanti per l’animo umano, gesti di bullismo. E ovviamente non credo che ci siano atti di bullismo da parte di omosessuali verso certi galletti del pollaio, palestrati, arroganti e spesso ignoranti. Quello che succede è proprio il contrario: è il ragazzo o ragazza di orientamento sessuale 'diverso' il bersaglio ideale per i vigliacchi che si esercitano contro chi è più debole e si sente meno protetto dalla società e a volte persino dalla sua stessa famiglia. E quindi, fuori da ogni ipocrisia, si abbia il coraggio di dire che una sottolineatura nel senso della proposta Zan non è superflua. Io ritengo che il dissenso non stia in questa parte del provvedimento legislativo, ma in quello che non si dice. Un giudizio innocentista su piccoli atti di bullismo verso i più deboli in tutti i campi, non è di per sé reato ma mette in moto quella silenziosa valanga di canagliume che senza intelligenza si esibisce nell’atto della violenza fisica. Sarebbe importante che la parte raziocinante della società capisse questa sottile connessione, che anche una strizzatina d’occhi degli adulti verso il bulletto che ha preso a calci il 'frocetto' o la 'lesbicuccia', può essere quella spinta che legittima il passaggio successivo alla violenza. Che non è un invito a fare violenza e dunque penalmente perseguibile, ma è quel disseminare il pavimento di bucce di banana su cui poi sarà difficile non far scivolare i più superficiali. Riconosco tuttavia che a volte si assiste a esibizioni che sono il segno di una non comprensione della complessità delle nostre società oggi così pluraliste nelle forme di cultura, abitudini e anche pregiudizi. Cito due esempi per spiegare il mio disagio. In tutta la mia vita ho condiviso affetti e frequentazioni con il mondo lgbt. Ma ho sempre trovato incongrua e infelice l’insistenza sulle feste dell’orgoglio gay. Non capisco perché uno debba esibire il suo orgoglio per essere gay o etero. Non lo capisco neanche per i sostenitori acritici di una squadra di calcio. Non puoi essere orgoglioso della tua squadra di calcio quando magari sbaglia e perde. Rinunciare al giudizio critico è la premessa per il fondamentalismo. Qualunque fondamentalismo, non solo religioso. Diversi anni fa in una Berlino con forte presenza turca, molto ben inserita socialmente, mi capitò di passare davanti, in un quartiere molto ricco, a forte presenza omosessuale, a 4-5 grandi vetrine di quei negozi che in tutta Europa si annunciano con la bandiera arcobaleno.
Tutti sanno che cosa si può trovare in quei negozi senza bisogno di esibire in vetrina alcunché. In quel caso, nelle vetrine campeggiavano dei grandi manichini nudi ricoperti da maschere antigas e una serie di tubi che attraversavano per ogni parte i corpi. Dentro il negozio non mi sarei scandalizzato davanti a tanta bizzarra fantasia, ma per la strada l’ho trovato un segno orrendo di imbecillità. Perché mentre transitavo su quel marciapiede incontrai alcune donne turche coi loro figli. E davanti a quelle vetrine li trascinarono via di corsa come avessero visto il demonio.
Queste donne turche in quel frangente, in cui si stava per rieleggere il sindaco gay della città (poi lo conobbi: era single e con ottima capacità di spesa), non avevano neanche il diritto di voto amministrativo. Tripla forma di bullismo: assumo milioni di turchi per ricostruire il Paese dopo la devastazione della guerra, tollero che mi forniscano la manodopera e rialzino il tasso natalistico del Paese, ma non do loro il diritto di votare il sindaco che opera anche grazie alle tasse di questi cittadini turchi ottimamente inseriti nell’economia cittadina e nazionale. Potrei elencare altri episodi che mi hanno fatto capire quanto facile sia innescare spirali di reciproca intolleranza. Nella Baviera ultracattolica, anni fa nella città di Monaco vinse una giunta di sinistra. Grande festa per i sostenitori dei diritti civili. Sconcertante fu per me trovare in Marienplatz una festa gay dei poliziotti: con la divisa sulla parte superiore del corpo e col sedere in bella vista nella parte inferiore. Sono queste forme utili per la reciproca accettazione delle varie diversità? Non credo. Altro episodio molto sgradevole: nel quartiere Chueca di Madrid: anni fa uscii di casa alle 4 del mattino per andare all’aeroporto.
Presi la metro, aperta a quell’ora. Gruppi di ragazze lesbiche uscite dai locali della zona, dove con amici ero stato anch’io, che continuavano non solo ad amoreggiare ma si esibivano, mezze nude com’erano nei 'loro' locali, molte ubriache e sguaiate e rotolandosi per terra. Alle 4 del mattino in quella metro c’erano, in attesa dei treni, donne e uomini di diverse provenienze, parecchi di colore, in maggioranza anziani, che andavano a lavorare, i lavori dei poveri. Non avevano neppure il coraggio di guardare la scena imbarazzante. Si capiva che temevano perfino di poter essere fraintesi, guardando quella stupida esibizione. Era la maggioranza di quelle donne a dettare i limiti del lecito? Il mondo non ha bisogno di prove muscolari. Caro Zan e caro Ostellari, provate voi due a parlarvi senza le vostre tifoserie. Fate una cosa seria, fate una legge come si deve. E poi, magari, spiegatela insieme, scegliendo una tribuna rispettabile, un ring non truccato, come il giornale 'Avvenire'.
Filosofo, già parlamentare della Repubblica per il Pci e il Partito radicale