Gentile direttore,
mi permetta di intervenire nel dibattito che in questi giorni si sta svolgendo riguardo all’educazione di genere e alle critiche mosse alla ministra Fedeli. Per quanto ci riguarda, al centro di qualunque confronto in materia deve esserci la libertà di scelta educativa. E mi fa piacere leggere che la ministra Fedeli abbia assunto la posizione che ho più volte sollecitato, anche in una risoluzione presentata alcuni mesi fa, chiarendo che il concetto di “gender” riguarda l’uguaglianza tra donne e uomini. L’orizzonte in cui ci muoviamo è quello della Convenzione di Istanbul, approvata all’unanimità dal Parlamento. E nella Convenzione si legge in modo chiaro che «il termine “gender” indica i ruoli, i comportamenti, le attività e le attribuzioni socialmente costruiti, che una data società considera come appropriati per le donne e per gli uomini», mentre eguaglianza di genere significa «un’eguale visibilità, autonomia, responsabilità e partecipazione dei due sessi in tutte le sfere della vita pubblica e privata». Il genere, quindi, non è neutro: è basato sul sesso femminile e maschile, mentre il concetto di “ideologia del gender” è scientificamente inconsistente. Alla luce di tutto questo, insegnare nelle scuole la parità tra donne e uomini è un intento nobile nonché una scelta improrogabile per contrastare la violenza contro le donne. Ma non possiamo farlo senza coinvolgere le famiglie, a cui la nostra (bellissima) Costituzione assegna – come lei, direttore, sottolinea nella sua riposta alla ministra Fedeli – il dovere e il diritto prioritario di «mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio» (art. 30). Ecco perché chiediamo alla Ministra di favorire l’alleanza tra famiglia e scuola su questo tema, sostenendo la libertà di scelta educativa delle famiglie e, al tempo stesso, perseguendo l’obiettivo alto di una educazione alla parità, al contrasto della violenza e dei discorsi d’odio, al superamento degli stereotipi che rinchiudono donne e uomini in un’immagine preconfezionata. Alla Ministra chiediamo inoltre che la promozione dell’uguaglianza tra donne e uomini rientri nell’educazione ai valori di cittadinanza democratica e sia finalizzata a prevenire e a contrastare ogni forma di discriminazione e di violenza e i discorsi d’odio. Ma soprattutto chiediamo che, secondo quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul, gli interventi educativi siano appropriati al livello cognitivo e all’età delle alunne e degli alunni a cui sono rivolti e che siano garantite la condivisione, l’informazione e la trasparenza dei progetti e dei materiali realizzati dalle istituzioni scolastiche in modo che le famiglie siano informate sulle decisioni della scuola, in attuazione del patto educativo di corresponsabilità educativa. La piena partecipazione delle donne e degli uomini alla vita sociale, economica e politica è un principio improrogabile: gli standard internazionali di “genere” dicono questo. Allo stesso modo, la donna va rispettata come persona e per il ruolo importantissimo che svolge nella società, nell’economia e nella vita politica. Per questo mi sono battuta contro la maternità surrogata, una grave forma di violazione della persona, del corpo della donna e dei diritti dei bambini. E per questo, lavoro da mesi in Consiglio d’Europa. Dobbiamo difendere e rafforzare il ruolo della donna nello spazio pubblico e nelle democrazie e dobbiamo contrastare la violenza contro le donne e i discorsi d’odio. A maggior ragione dal momento che in diverse parti del mondo è in atto un tentativo di limitare i diritti delle donne, le loro aspirazioni e la loro possibilità di usare il proprio talento nella vita pubblica. Concludo con il ricordo di un progetto di educazione all’affettività che nella scuola cattolica in cui insegnavo fu realizzato insieme a un consultorio. È stata un’esperienza straordinaria per le mie alunne, per i miei alunni e anche per me, perché ha toccato, con rispetto e con la delicatezza adatta all’età, il tema dei rapporti interpersonali, del rispetto della diversità, dell’essenza dell’amore.
Elena Centemero Responsabile Nazionale Scuola e Università di Forza Italia presidente Commissione Equality and Non Discrimination del Consiglio d’Europa
Gentile direttore,
non avevamo dubbi sull’onestà intellettuale della ministra Fedeli quando, qualche giorno fa, le abbiamo augurato buon lavoro da parte di tutte le famiglie “Forum nella scuola” e oggi, martedì 20 dicembre, leggendo la lettera pubblicata sul suo giornale ne abbiamo avuto la conferma. Due punti vorrei sottolineare della lettera. Il primo: «Non si tratta di abolire le differenze tra donne e uomini, ma di combattere le diseguaglianze». Il secondo: «Vorrei che la parola “gender” uscisse dal nostro vocabolario in questa accezione minacciosa e che tornassimo a parlare di uguaglianza tra donne e uomini». Quindi uguaglianza e complementarietà e mai più “gender” quale paravento ideologico da sbandierare, né da una parte né dall’altra. Mi permetto ricordare alla ministra Fedeli che in qualche cassetto della scrivania al Miur troverà delle “Linee guida” esito del lavoro di un gruppo di saggi che ha cercato di interpretare quel comma 16 tanto letto e tanto citato, ma poco applicato. Lei nella sua lettera lo richiama correttamente come un punto da cui partire, sul quale tutti siamo concordi, ma che non deve suscitare interpretazioni strane. Noi famiglie e le nostre associazioni genitori accreditate al Miur siamo tutt’oggi ancora in attesa di quelle linee guida mai arrivate al tavolo del Fonags (seduta del 5 luglio 2016). A questo punto ci permettiamo rivolgerci a lei per chiederle di risolvere questa “strana” situazione, a lei che ora ha la responsabilità di guidare il Ministero. Il tempo passato e le modalità intercorse hanno senz’altro inasprito gli animi e hanno creato tensioni che non hanno fatto e non fanno bene a nessuno. Occorre ritornare ai tavoli per lavorare insieme, lavorare sodo, esaminando i decreti attuativi e mettercela tutta perché questa scuola diventi realmente una scuola di qualità per tutte e per tutti in un sistema pubblico e plurale, statale e paritario. Grazie, ministra Fedeli, per la «lineare chiarezza» della sua lettera, noi come Forum delle associazioni familiari siamo a sua disposizione per creare e sostenere alleanze tra genitori, docenti, studenti e dirigenti.
Maria Grazia Colombo Vicepresidente nazionale Forum delle associazioni familiari
Ringrazio la deputata Centemero, responsabile azzurra Scuola e Università, Maria Grazia Colombo, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari e a lungo al vertice dell’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche, per il loro serio contributo al confronto sulla sfida educativa in tema di parità di genere e di non discriminazione generato dal cambio al vertice del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Confronto che è stato rinvigorito e – anche a mio parere – ben orientato dalle lineari affermazioni che la nuova ministra, Valeria Fedeli, ha usato nella lettera che mi ha indirizzato in replica a quanto avevo scritto mercoledì 14 dicembre e che è stata al centro del dialogo messo in pagina su “Avvenire” di ieri. La ministra Fedeli – come l’onorevole Centemero coglie bene, compiacendosene – ha deciso di rendere chiaro che le parole “parità” e “genere” contenute nel famoso (e famigerato) comma 16 della legge sulla “buona scuola” (107/2015) per lei, in quanto ministro della Repubblica, sono saldamente ancorate non al tema che – a torto o a ragione – viene evocato o sbandierato con il termine inglese “gender” inteso come negazione “neutra” della realtà maschile o femminile degli esseri umani, ma alla considerazione e al concreto ruolo e delle donne e degli uomini nelle nostre società e alle possibili (e purtroppo ancora non infrequenti) discriminazioni e violenze subite dalle prime sin da bambine. Era esattamente quanto, a mia volta, avevo auspicato, che emergesse. Ed è esattamente quanto, a questo punto, ci aspettiamo che accada. Per prima cosa – secondo il garbato “sollecito” di Maria Grazia Colombo – con l’emanazione di linee guida per l’attuazione di «quel comma 16 tanto letto e tanto citato». E, sempre, come sia Centemero sia Colombo ricordano e come io stesso ieri ho rilevato, richiamando il primo comma dell’articolo 30 della Costituzione, all’insegna di una rispettosa alleanza educativa tra famiglia e scuola. Apprezzo molto tono e sostanza di questa parte del dibattito che sta crescendo nel Paese. Sono contento che “Avvenire” stia contribuendo al suo sviluppo. E aspetto con fiducia i passi concreti che dovranno seguire e che, lo so, non saranno necessariamente facili. Vedremo. Ma mentre qualcuno non legge e distorce i termini delle questioni, eppure pre-giudica tutto, cioè fa un propagandistico processo alle intenzioni, c’è chi al governo, all’opposizione e nella società civile s’impegna a badare al sodo. Meno male. Il sistema pubblico d’istruzione nel quale si servono bambini e ragazzi e non ci si serve di loro e, assieme, l’obiettivo di una piena e costituzionale parità tra donne e uomini hanno bisogno di fatti buoni. Non di avventure e radicalizzazioni ideologiche di qualunque tipo.