martedì 28 luglio 2015
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Libertà di scelta delle famiglie, risparmio (reale) per lo Stato e costituzionalità della legge 62/2000. Ecco alcuni punti fermi che con la rinnovata polemica sull’obbligo o meno di pagamento dell’Ici da parte delle scuole paritarie non riescono a trovare spazio nei commenti di questi giorni. Eppure, la libertà di scelta in campo educativo è sancita dalla nostra Costituzione, là dove all’articolo 30 viene affermato che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». Parole chiare, che hanno fatto da bussola anche per il cammino terminato con il varo della legge 62/2000, nota con il nome di legge sulla parità scolastica o legge Berlinguer, dal nome del ministro – Luigi Berlinguer – che la condusse in porto, la quale conferma proprio questa libertà, stabilendo che esiste un solo sistema scolastico nazionale, in cui confluiscono istituti statali e istituti non statali paritari. Una libertà di scelta che, se portata al suo pieno sviluppo, dovrebbe riguardare tutti i genitori, anche quelli che scelgono di scrivere i propri figli alla scuola statale. Del resto l’obbligo di presentare ai genitori il piano dell’offerta formativa per ogni singolo istituto nasce proprio da tale diritto di scelta che spetta ai genitori. Altro punto che dovrebbe essere indiscutibile è il risparmio reale che la scuola paritaria permette alle casse dello Stato: quasi 6 miliardi di euro, a conti fatti. Tanto, infatti, costerebbe all’intera collettività la chiusura delle scuole paritarie e il passaggio di quasi un milione di studenti (dalla materna alle superiori) direttamente nelle strutture dello Stato. Ma ancora adesso i 471 milioni di euro erogati nel bilancio pubblico vengono ideologicamente definiti da alcuni 'un regalo ai privati', se non addirittura 'alla Chiesa'.  Infine, la costituzionalità dell’erogazione dei fondi alle paritarie. La legge 62/2000 ha già avuto un passaggio presso la Corte Costituzionale quando, nel 2003, venne presentato un referendum abrogativo proprio nelle parti riguardanti il contributo economico. Il quesito non venne ammesso perché 'una volta che il legislatore abbia istituito un sistema scolastico nazionale, espungerne una categoria di scuole (le paritarie, ndr) che restano assoggettate (...), al medesimo e comune regime richiesto dall’articolo 33, quarto comma della Costituzione ai fini della parità, risulta non solo contraddittorio ma anche discriminatorio'. Insomma, va contro la nostra Costituzione una parità di soli doveri (le norme per ottenere il 'riconoscimento') e nessun diritto (i fondi dal bilancio pubblico o le esenzioni fiscali). Tanto più che alle scuole paritarie in termini di caratteristiche e sicurezza delle strutture viene da sempre richiesto giustamente e puntigliosamente ciò che le scuole statali purtroppo non sempre garantiscono.
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