domenica 16 novembre 2008
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Adesso, dopo lo sbigottimento e il dolore per la sentenza sul caso Englaro, l’impegno a favore della vita deve aumentare e farsi più grande. La critica deve essere ribadita, perché aver consentito l’eutanasia con una motivazione che ricorda Ponzio Pilato non è stata una cosa bella: se si fosse trattato di un ricorso in materia di riduzione in servitù di una persona si sarebbe potuto dire che l’argomento non era di interesse pubblico, ma riguardava un fatto personale? A leggere queste parole si rinnova il dissenso per l’uso che si è fatto del ragionamento giuridico. Il diritto serve all’uomo, non l’uomo al diritto. Ma ora occorre lavorare per salvare il nostro futuro, per affermare al di là di ogni ragionevole dubbio la tutela della vita nelle nostre leggi, per evitare derive disumane prevalse in altri ordinamenti, per aiutare coloro che dedicano interamente se stessi a sostenere chi soffre, per diffondere nella società e tra i giovani cultura e sensibilità a favore della vita nelle sue tante manifestazioni. La ferita aperta, nell’ordinamento e nelle coscienze, è grave, profonda, fino a lacerare parte dell’identità del nostro vivere collettivo, e per questo va sanata con un impegno eccezionale che scriva nella legge il valore inalienabile della vita anche quando  attraversa fasi difficili, quando sembra inutile, e richiede amore e solidarietà da parte degli altri, familiari, medici, istituzioni. Non deve accadere mai più che un giudice o l’altro interpretino qualche interstizio delle norme per far dire alla legge il contrario di quello che dice. Non deve più accadere che i giudici si dividano nel valutare le tante variabili di una fattispecie per poter poi decidere (quasi fosse un corollario) di far morire una persona. E se questa persona si risvegliasse? Alla domanda non può rispondere chi ha negato la speranza del risveglio. Occorre un impegno di tutti noi perché non si affermi il principio per il quale ciascuno della sua vita fa quello che vuole, o l’altro più drammatico per il quale l’esistenza umana non ha più senso se non è forte e vitale. La vita non è un pezzetto di patrimonio, un accessorio, un optional, datici per essere usati o distrutti a piacimento, ma è la nostra essenza e identità, è l’essenza e identità di chi ci è caro, come di ogni uomo. Il cammino cristiano e civile della nostra società ha abbattuto le leggi antiche che permettevano l’uso e l’abuso della vita degli emarginati e dei più deboli, l’intera nostra evoluzione è andata nella direzione di tutelare sempre più la vita, educare a spenderla bene, a non mai eliminarla. La sofferenza è parte integrante della nostra umanità, e dobbiamo fare ogni cosa per limitarla, se possibile sconfiggerla, ma sempre amando e sostenendo la vita che la comprende. Se prendiamo a scusa la sofferenza per eliminare la vita, determiniamo la vittoria del male sull’uomo e sulla sua libertà. Dobbiamo impedire che siano altri a decidere per chi non ha voce, perché questa possibilità tremenda apre la strada a nuovi problemi, conflitti, infinite possibilità. Ci sono debolezze umane, ben comprensibili, che possono prevalere sulla volontà di resistere alla sofferenza, ma ci sono anche egoismi e conflitti che possono insinuarsi nelle famiglie, ci sono ideologie che prospettano soluzioni facili perché fondate sull’interesse del momento anziché sulla speranza nel futuro. A chi è tentato dalla strada più breve, perché preso da umano sgomento, dobbiamo  prospettare quel dono prezioso che ci viene da coloro che si offrono con gratuità d’animo per curare le sofferenze del corpo e della mente, che dedicano tutta la loro vita per salvaguardare quella degli altri, che si prodigano con ogni mezzo perché si mantenga viva la speranza che una vita apparentemente spenta possa un giorno riprendersi. Chi si dona e si prodiga in questo modo interpella la coscienza di ciascuno di noi perché nel prendere determinate decisioni siamo consapevoli dei sostegni e della forza di cui possiamo valerci. Dobbiamo intervenire per diffondere una cultura dell’amore per la vita, per le gioie e le sofferenze che essa offre e rende possibili, diffonderla soprattutto tra i giovani che sono ancora capaci di utopia, di dedizione, di dono di sé agli altri. L’amore per la vita è l’antidoto più forte alle culture nichiliste, che prima o poi portano a considerare l’esistenza come somma delle occasioni materiali che si presentano. Se queste impallidiscono, l’esistenza diventa inutile.
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