Azioni di guerra tese soprattutto a screditare questo o quel papabile. Sarà vero quel che si dice di Caio? Chi ha interesse a mettere Tizio in cattiva luce? E come mai 'lì' si tace di ciò che pare abbia commesso Sempronio che 'là' viene rivelato? Fioccano le accuse di pedofilia, con leggerezza sommaria e feroce, poco importa se si tratta di casi veri, di casi presunti o di casi già affrontati secondo la linea della 'tolleranza zero' di Benedetto XVI. Tolleranza zero che, a causa dell’indifferenza di Stati e mass media verso le reali proporzioni e responsabilità di un gigantesco fenomeno di violenza e affari, la Chiesa è oggi desolatamente la sola al mondo ad attuare.
L’importante è che quel mefitico termine possa essere sbandierato sui giornali o sui teleschermi. Calunniate, calunniate, qualcosa resterà. Si rispolverano dossier e inchieste su scandali finanziari veri o presunti, si estraggono con disinvoltura scheletri tenuti negli armadi. Tutte armi improprie che 'tornano comode' per incrinare o demolire questa o quella candidatura. E così la scena su cui si sviluppa il conto alla rovescia verso il conclave sembra uscire dalle pagine più tetre di un romanzo di Dan Brown. Il popolo di Dio, la gente semplice, assiste a questo spettacolo mediatico con un misto di dolore e sconcerto, ma insieme vive la certezza che le forze del male non riusciranno a distruggere la Sposa di Cristo. Non praevalebunt , sta scritto. Gli errori umani possono diventare motivo di scandalo.
Ma se ognuno di noi si guarda allo specchio con verità, se davvero è onesto con se stesso, può scoprire abissi di male che certificano la debolezza umana, documentano mille incoerenze, testimoniano il limite con cui ci dobbiamo misurare. E insieme può conoscere la tenerezza di Dio, che non fa del limite un’obiezione ma l’occasione per mostrare la sua misericordia. Nel giorno del suo ottantacinquesimo compleanno, il 16 aprile 2012, Benedetto XVI disse: «So che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità; che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo. Questo mi aiuta a procedere con sicurezza».
Mi vengono in mente alcune suggestioni. San Paolo, persecutore incallito della nascente Chiesa di Cristo, della quale poi si innamora diventandone testimone intrepido usque ad mortem . San Carlo, vescovo di Milano da tutti ammirato per la sua vita specchiata e che però sentiva il bisogno di confessare ogni giorno i suoi peccati. E infine il mio vecchio padre, semplice uomo del popolo, che ama ripetere un detto imparato da piccolo che ha accompagnato i suoi novant’anni: «Quando un peccatore si converte, l’aspetta sempre Dio a braccia aperte».
Quanti assassini, quanti ladri, quanti uomini malvissuti sono stati raggiunti dall’abbraccio misericordioso di Dio che li ha indotti a cambiare vita? La storia del cristianesimo è piena di peccatori e prostitute che «vi precederanno nel Regno di Dio». La Chiesa è esigente, ma esige la conversione prima che la coerenza. Tutti desiderano un Papa santo, dalla vita specchiata. Ma se qualcuno immagina un Papa indenne dal peccato, sta sognando. E, in fondo, sta negando alla radice la rivoluzione del cristianesimo: per redimere l’uomo dall’errore è stato necessario che Dio si facesse uomo e c’è voluto Cristo che morisse in croce.
Chi è consapevole che soltanto l’abbraccio della misericordia di Dio e il sacrificio di suo Figlio sulla croce tengono in piedi l’esistenza, può guardare al clamore mediatico che accompagna questi giorni senza che lo smarrimento prenda il sopravvento sulla certezza. E fare la cosa più umana che si possa fare per il successore di Benedetto XVI: pregare, come sta facendo in queste ore il Papa emerito.