domenica 20 novembre 2011
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Dal 1989 si celebra in Italia una Giornata nazionale che, insieme ai suoi risvolti pratici (richiamare l’attenzione dei fedeli sulle offerte a favore dei sacerdoti), ha contribuito non poco a un cambiamento culturale di notevoli proporzioni. L’odierna Giornata per il sostentamento del clero, che da qualche anno coincide con la domenica di Cristo Re, ha contribuito, infatti, a parlare del rapporto Chiesa-denaro in termini finalmente sereni e trasparenti, anche se periodicamente (e ancora proprio in questi giorni...) si levano voci mediatiche non proprio disinteressate e niente affatto limpide che vorrebbero dimostrare il contrario. In che cosa consista la portata di questo cambiamento è presto detto. Attraverso gli strumenti scaturiti dall’Accordo di revisione del Concordato siglato tra Italia e Santa Sede nel 1984 i fedeli si sono riappropriati del diritto-dovere di sostenere in prima persona i ministri del culto. E i sacerdoti, liberati dall’incombenza di dover provvedere al proprio sostentamento, hanno potuto dedicarsi con più slancio alla propria missione evangelizzatrice.Oggi è ormai conoscenza diffusa il fatto che ai preti non ci pensano lo Stato o il Vaticano, ma che ogni comunità ecclesiale è economicamente responsabile del proprio pastore. Magari non tutti sanno spiegare nel dettaglio come funziona il sistema che permette ai sacerdoti di ricevere mensilmente il proprio 'stipendio' (o meglio la 'remunerazione', parola che sottolinea maggiormente la dimensione dello scambio di doni insita nel sostentamento del clero), ma il principio di comunione e corresponsabilità che è alla base dello stesso sistema ed è entrato in profondità nella vita delle nostre parrocchie e comunità ecclesiali. Inoltre, il nuovo sistema di origine concordataria ha prodotto – checché malevolmente si scriva da parte dei soliti noti – grande trasparenza. E non solo a livello «centrale», dove il Servizio Cei per la promozione del sostegno economico alla Chiesa continua a informare l’opinione pubblica sull’entità delle offerte per il clero e sugli impieghi dell’8xmille. Ma anche nelle singole diocesi e parrocchie, che sempre più spesso – ed è bene che sia così – pubblicano i propri bilanci, li diffondono attraverso i media locali o li affiggono alle porte delle chiese, affinché chiunque ne possa avere conoscenza. Certo, come in ogni cosa umana, anche riguardo alla trasparenza si può e si deve fare di più. Ma le critiche in questo campo possono giungere solo da chi non abbia memoria di qual era la situazione prima del 1989, di quanti passi avanti siano stati compiuti negli ultimi decenni e della determinazione con cui l’obiettivo sarà perseguito anche in futuro. «Oggi più che mai – ha detto di recente il cardinale Angelo Bagnasco – una limpida trasparenza, soprattutto nell’uso del denaro, è condizione imprescindibile per la credibilità generale della Chiesa e per la realizzazione fruttuosa della sua missione nel mondo». Anche perché, ha aggiunto il presidente della Cei, «la trasparenza dell’operare è saldamente legata alla fedeltà della Chiesa alla sua natura e alla sua identità, alla vocazione ricevuta e alla missione evangelizzatrice». Qui, dunque, la portata dell’innovazione è stata ancora più grande. Essere certi che le nostre offerte vengono impiegate effettivamente per il loro scopo, sapere che un parroco, pur avendo responsabilità assimilabili a un alto dirigente d’azienda, può contare su ottocento, massimo mille euro al mese e che in fin dei conti – al di là di certe favolistiche ricostruzioni – i sacerdoti condividono la stessa situazione economica della gran parte dei loro fedeli, è stato sicuramente un incentivo a non far venir meno il sostegno. Quella odierna, dunque, è insieme la Giornata delle offerte e della trasparenza. E più questa trasparenza aumenterà in ogni parrocchia, più i fedeli non guarderanno all’offerta come a una sorta di dovere, ma donare diventerà una gioia e un modo concreto di testimoniare quella comunione di cui c’è oggi tanto bisogno. Anche nella vita civile.
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