Sostenere oggi che Roma "meriti" le Olimpiadi è concettualmente impossibile e ambientalmente improbabile. Ma la rassegnazione resta il peggiore dei suicidi quotidiani, pratica che non ci interessa a prescindere. Anche per questo, a un anno esatto da Rio 2016, vale la pena di riflettere senza preconcetti e suggestioni sulla candidatura ai Giochi del 2024. Superando l’avvilimento che ci ha trasformati in un esercito di sconfitti, intrisi di terrore nei confronti del futuro e del prossimo, impossibilitati per principio a regalarci anche una minima speranza affinché le cose possano cambiare. Mafia Capitale è diventata un ventilatore sullo scetticismo e sta ingrassando il partito dei contrari, ma edizioni precedenti (Los Angeles 1984, Atlanta 1996, Londra 2012) hanno dimostrato che in Paesi "normali" le Olimpiadi, tenendo i conti in ordine, ricorrendo agli sponsor e coinvolgendo i privati, possono rivelarsi un buon affare. Noi "normali" non lo siamo, e forse non lo saremo mai, ma la rinuncia preventiva resta sempre il trionfo della mediocrità. Alla quale è lecito opporsi. Un popolo che si ritrae terrorizzato di fronte alla prospettiva di organizzare uno degli spettacoli più straordinari che si possano immaginare farebbe meglio a consegnare le chiavi del proprio Paese a quegli stessi malavitosi che considera inevitabili. Se ci consideriamo incapaci di fare senza rubare tanto vale chiudere gli ospedali e non costruire più le case, àmbiti tradizionalmente abbonati a mazzette e mascalzoni. Al contrario, un traguardo così ambizioso può restituire l’entusiasmo necessario per cambiare marcia. Qualcuno già suggerisce che stante l’attuale indecoro e la cronica inefficienza romana sarebbe meglio ritirarsi in buon ordine, ma ai Giochi del 2024 manca abbastanza tempo per rimboccarsi le maniche e schierare le coscienze. Chi dovrà scegliere la sede lo farà già tra un anno, è vero, ma i parametri del mondo olimpico non sono mai stati quelli della magistratura e della polizia: considerarsi perdenti in partenza sarebbe folle. Le Olimpiadi sono un’opportunità, come è stato e continua a esserlo l’Expo. Un’occasione per impegnarsi e non per arrendersi. E per dimostrare al mondo che sappiamo far funzionare ciò che abbiamo. L’aria è viziata, ma non è una buona ragione per smettere di respirare.