venerdì 23 settembre 2011
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Nelle stesse ore in cui ieri la maggioranza evitava a stento il carcere all’onorevole Milanese, preservando così il governo da una rovinosa caduta, altri due rilevanti dati di cronaca sono balzati prepotentemente alla ribalta. Si tratta di questioni per certi versi connesse tra loro ed entrambe collegabili alla votazione-clou celebrata nell’aula di Montecitorio. La prima si colloca nel perimetro di Palazzo Chigi, dove il Consiglio dei ministri ha riscritto i conti dell’azienda-Paese per i prossimi tre anni, confermando uno scenario di preoccupante incertezza e la necessità di affiancare alle recenti dure manovre di contenimento del deficit alcune incisive riforme, a cominciare da quella fiscale, da mettere in campo al più presto.Il secondo elemento, di natura più squisitamente politica, è trapelato prima sotto forma di indiscrezione dalle stesse stanze dell’esecutivo, per emergere poi in modo trasparente in sede parlamentare: ci riferiamo al clima di insofferenza maturato in alcuni settori del centrodestra nei confronti del ministro dell’Economia, che delle modifiche al documento finanziario approvate ieri è l’autore e del quale il deputato salvato dall’arresto è stato a lungo collaboratore. Un malumore non inedito, ma accresciuto ora dalla circostanza che Giulio Tremonti, in partenza per il Fondo monetario internazionale, non ha preso parte né alla riunione del governo né alla cruciale seduta della Camera.Rileviamo l’intreccio di questi elementi per ovvio dovere di cronaca e tenendoci volutamente alla larga dal merito delle querelle dell’ultima ora. Ciò che qui preme piuttosto sottolineare è l’impatto che i nuovi elementi di tensione, dentro e fuori l’area di maggioranza, possono provocare sul già pesante clima di sfiducia che continua a condizionare, non soltanto i mercati e le già risicate prospettive di ripresa del sistema produttivo, ma la società nel suo complesso.In effetti sempre ieri, mentre all’interno del Palazzo si consumavano i riti appena descritti e si registrava l’ennesima fibrillazione polemica, sulla piazza di Montecitorio si alternavano, in una lunga sequenza di proteste, rappresentanze di diverse categorie di cittadini. La più folta di esse era quella delle famiglie numerose, costrette per l’ennesima volta a manifestare, in forme più vistose del solito, per richiamare l’attenzione del legislatore sulle vere urgenze che agitano i pensieri degli italiani: da ultimo, sui costi ulteriori che i due decreti d’estate appena varati stanno provocando a loro danno.Superfluo, per i nostri lettori, richiamare ancora le ragioni di tale iniziativa. Più utile, forse, segnalare che nello stesso testo con il quale ieri il governo ha corretto le previsioni contabili del prossimo triennio, si sottolinea di nuovo l’obbligo di dare attuazione, entro la fine dell’ormai vicinissimo 2012, alle deleghe per il riordino del sistema tributario e dell’assistenza: e se questo non avverrà, in base alle norme a suo tempo approvate, dal 1° gennaio 2013 scatterà automaticamente il taglio di una fitta serie di agevolazioni fiscali e sociali. Sarà come il calare di un’implacabile mannaia, capace di sottrarre ai bilanci domestici e societari qualcosa come 20 miliardi, a fronte dei quali non è prevista per ora nessuna misura compensativa.Ecco un esempio, non l’unico certo, ma tra i più significativi, della distanza che separa la classe politica dai cittadini: da una parte l’avvitamento attorno a nominalismi, personalismi, scarti umorali e scontri caratteriali; dall’altro la quasi totale afasia sui bisogni concreti e sulle preoccupazioni reali della gente comune. Non si sente proprio il bisogno di approfondire ulteriormente questo fossato. Nello stato di emergenza permanente che caratterizza il presente del Paese, di fronte alla sequenza micidiale di tracolli sui mercati e di colpi bassi inflitti da agenzie di rating e occhiuti "guru" della finanza internazionale, è davvero l’ora di uno sforzo corale di concretezza e di umiltà. Crediamo che anche la rinuncia generosa a una parte dei propri interessi, la mano tesa all’avversario per cercare insieme vie d’uscita dalle empasse in cui ci troviamo, la chiamata a raccolta delle energie migliori per dare un colpo di reni che ci faccia ripartire: anche tutto questo faccia parte di quell’«intenso rinnovamento etico» augurato ieri da Benedetto XVI all’Italia.
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