mercoledì 14 gennaio 2009
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«Preferisco i confini alle invasioni di campo», ha dichiarato il presi­dente della Corte Costituzionale Flick, con esplicita allusione a come la Cassa­zione ha invaso (e pesantemente) il cam­po della politica, sentenziando in merito al caso Englaro. E ha fatto anche altri e­sempi: le unioni tra persone dello stesso genere, l’inizio e la fine della vita, il te­stamento biologico, il trattamento tera­peutico per malati terminali o incoscien­ti. Per Flick «eludere queste domande si­gnifica delegare le risposte, caso per ca­so, agli organi giurisdizionali, talvolta pri­vi di precisi referenti normativi» . Bisogna quindi ritenere che sia necessario che il Parlamento intervenga, prendendo sul se­rio la questione dei 'nuovi diritti' della persona. Altrimenti le 'invasioni di cam­po' continueranno e inevitabilmente. Sul fatto che bisogna una volta per tutte porre rigorosi sbarramenti alle invasioni di campo, sono perfettamente d’accordo con Flick ( e in particolare sul fatto che sia davvero necessaria una legge sulle di­chiarazioni anticipate di trattamento). Ma ci sono diversi modi per impedire arbi­trarie invasioni di campo. Il modo peg­giore è quello posto in essere da chi, per evitarle, si affretta a consegnare il campo minacciato d’invasione a coloro che vor­rebbero invaderlo e ai loro ' alleati'. Se, per impedire che la Cassazione si inven­ti un testamento biologico aperto all’eu­tanasia ( e per di più orale), si auspica che il Parlamento faccia una legge obiettiva­mente eutanasica, cadiamo dalla padel­la nella brace. Se accettiamo l’idea ( ca­rissima a tanti magistrati ' alternativi') che la dinamica sociale faccia emergere ' nuovi diritti', che il Parlamento avrebbe il dovere di formalizzare in forma legale, arriveremo prima o poi a qualificare co­me ' vecchi' i diritti ' tradizionali' e alla lunga apparirebbe ragionevole, per favo­rire il ' nuovo', allentare la tensione, tra­scurare o addirittura cancellare diritti 'in­vecchiati'. Il punto è che, come sostiene giustamen­te Dworkin ( non a caso citato da Flick), i diritti ' vanno presi sul serio'; ma se i di­ritti esistono, esistono perché non sono né nuovi né vecchi: i diritti della persona so­no diritti fondamentali e basta. Sostene­re il contrario veicola l’intenzione di for­zare la corretta immagine dell’uomo che emerge dal testo della nostra legge fon­damentale, dilatando arbitrariamente l’e­lenco dei diritti che essa riconosce e di­fende. Non è questa di certo l’intenzione di Flick, ma è certamente quella di tanti che si sono compiaciuti del suo inter­vento al Convegno promosso dalla Luiss per il sessantesimo della nostra Costitu­zione. Ma se si elude la questione dei ' nuovi di­ritti', come impedire ai magistrati di in­vadere un campo che non è loro? Ricor­dando loro, senza mai stancarsi, che essi sono vincolati alla legge e pretendendo da loro ( come da tutti i cittadini) la mas­sima onestà intellettuale. La Costituzio­ne non riconosce come diritto fonda­mentale né la richiesta di eutanasia, né il rifiuto delle cure. Essa semplicemente ne­ga che una persona possa essere obbli­gata a un determinato trattamento sani­tario, se non per disposizione di legge (art. 32). La Costituzione non dà nessun appi­glio per il riconoscimento legale delle coppie di fatto o delle coppie omosessuali come ' formazioni sociali' meritevoli di tutela ( ed etichettabili con gli appellativi più fantasiosi e stravaganti: Pacs, Dico, Cus, Didore...!). Essa si limita ad afferma­re che i diritti inviolabili valgono non so­lo per l’individuo singolo, ma anche per l’individuo integrato in una qualsiasi 'for­mazione sociale' ( art. 2). Potremmo con­tinuare. Che l’espressione ' nuovi diritti' vada og­gi molto di moda e venga sempre più spesso usata dai politici è ben noto e del resto nessuno può pretendere dai politi­ci rigore linguistico e sobrietà di espres­sione. Ma giuristi e giudici dovrebbero fa­re di tutto per non abdicare a un corretto uso del linguaggio giuridico. E, nel lin­guaggio giuridico, l’espressione ' nuovi diritti' non ha alcuno spazio.
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