Questa, qualsiasi cosa se ne pensi, è la situazione e a essa bisogna dare risposte, possibilmente non minimalistiche. Un sistema elettorale deve promuovere la governabilità nell’ambito di un rispetto dei princìpi di rappresentatività. Il meccanismo attuale, nella concreta configurazione dei rapporti di forza, non garantiva né l’una cosa né l’altra. Ma neppure una legge che si limiti ad applicare pedissequamente le indicazioni della Consulta (quando saranno note), cioè che condizioni l’ottenimento del premio di maggioranza a un quorum minimo o lo abolisca lasciando solo il modesto effetto maggioritario delle soglie di sbarramento, e che introduca una preferenza, non garantirebbe affatto la governabilità e quindi una qualche forma di stabilità politica.
Resta, inoltre, in primo piano il problema della perfetta duplicità di Camere con il diritto di dare e togliere la fiducia all’esecutivo: problema antico la cui soluzione, che pare vada nel senso di un Senato delle autonomie, richiede una riforma costituzionale, con i suoi tempi e le sue procedure e anche la scelta tra ipotesi che possono oscillare tra il Senato americano e il Bundesrat tedesco, nella consapevolezza che anche questo organismo deve esprimere, in forma federale, la rappresentanza e la responsabilità nazionale. In sostanza, quel che si richiede è una costruzione nuova ma solida, non una legge elettorale e basta, non una manutenzione approssimativa delle crepe dell’edificio istituzionale. Chi pensa che questa attesa sia eccessiva ascolti la gente che ancora crede nella buona politica. E dia le risposte.