Nella sua prossima visita in Cina, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni non verranno rivolte solo domande riguardanti l’Italia. Pensata per rilanciare le relazioni sino-italiane dopo l’uscita di Roma, nel dicembre scorso, dalla Belt and Road Initiative (la Via della Seta), tale visita si svolgerà in un contesto internazionale molto cambiato. La politica mondiale si sta riposizionando in base all’ipotesi della (finora probabile) vittoria di Donald Trump a novembre. A Pechino questa ipotesi non piace. Malgrado duri scontri sul terreno commerciale, Biden ha moltiplicato gli sforzi per mantenere aperto il dialogo politico-diplomatico volto anzitutto a evitare uno scontro frontale devastante. Trump, invece, è considerato da parte cinese inaffidabile e ci si sta muovendo per limitare i danni.
Si spiega così la visita del ministro degli Esteri ucraino Kuleba, la prima dall’inizio della guerra. Se vincesse, Trump potrebbe mettere fine degli aiuti militari a Kiev e cercare di far cessare a modo suo il conflitto russo-ucraino. Pechino non vuole lasciargli il merito di questa “pace” e intende anticiparlo. L’Ucraina ha un interesse convergente: con ogni probabilità quella di Trump sarebbe una “pace” filorussa. Non a caso Putin sostiene apertamente il candidato repubblicano e ha iniziato ad attaccare Kamala Harris. Tutto ciò fa emergere un dato non scontato: gli interessi di Pechino e di Mosca non sono pienamente coincidenti. È vero che la Cina non vuole una sconfitta russa e gli scambi economici russo-cinesi si sono fortemente intensificati. Ma “gli affari sono solo affari” dicono i diplomatici cinesi, nei confronti dell’Occidente Putin ha obiettivi diversi e la Cina ha sempre avuto un buon rapporto con l’Ucraina. Ora si aggiunge la minaccia rappresentata da Trump e una conferenza cui partecipino russi e ucraini è oggi tra gli obiettivi di Pechino con l’appoggio del Sud del mondo. E l’Italia? Finora il governo italiano ha sostenuto l’Ucraina e logica vorrebbe che fosse interessato a un’iniziativa di pace che non “svendesse” gli interessi ucraini come minaccia di fare Trump.
Altri contenziosi riguardano l’Italia come membro della Nato e dell’Unione europea. Nel suo ultimo vertice, la Nato ha usato toni molto duri verso la Cina, denunciandone l’appoggio alla guerra di Putin e definendola un pericolo per la sicurezza euro-atlantica: non solo un rivale da battere, dunque, ma anche un nemico da combattere. La Cina ha risposto per le rime, chiamando la Nato “reliquia della Guerra fredda”, ma la sua reazione è stata complessivamente contenuta. Segno di una crescente self-confidence, ma anche della convinzione che questa volta la Nato abbia “abbaiato” più che mordere. Per quanto riguarda i rapporti con la Russia si è già detto e poi, per Pechino, la vera questione sono i dazi che potrebbero fermare le esportazioni della Cina in Occidente. La sua economia, infatti, si trova di fronte a un bivio. Il Terzo Plenum del Comitato centrale – concluso il 18 luglio – ha dovuto constatare che nel secondo semestre 2024 la crescita del Pil è stata inferiore alle aspettative e, soprattutto, che a giugno i consumi interni sono aumentati della metà rispetto a maggio mentre le esportazioni crescevano di uno strepitoso 8,6% a fronte di una diminuzione delle importazioni. Da anni il modello economico cinese si basa sull’esportazione di una grande quantità di prodotti competitivi grazie a bassi salari. È un modello comune a molti Paesi nella prima fase del loro sviluppo. Generalmente, però, a questa prima fase segue una crescita incentrata sull’aumento dei consumi interni e sull’innalzamento dei salari. Lo farà anche la Cina? Intanto la crescita cinese continua a dipendere in grandissima parte dalle esportazioni, in particolare in Occidente. Ecco un altro terreno su cui a Pechino ci si attende dalla Presidente del Consiglio italiana risposte di respiro “europeo”.
Qualcosa di analogo potrebbe avvenire per una terza questione: quella dell’Intelligenza artificiale, su cui la Cina punta moltissimo. Al Terzo Plenum, il Presidente Xi ha indicato la "grande strategia" di uno sviluppo basato sull’alta qualità. In altre parole: mentre si smette di puntare sul tradizionale settore immobiliare, cresce la concentrazione su chip, auto elettriche, batterie, pannelli solari ecc. E, soprattutto sull’AI, cui viene affidato il compito di risolvere le attuali strozzature dell’economia cinese. In questo campo, com’è noto, l’Europa è indietro rispetto ad Usa e Cina, ma non lo è nella regolamentazione necessaria per affrontare pericoli, distorsioni, sconvolgimenti legati all’Intelligenza artificiale. E nella mega Conferenza internazionale su questo tema che si è da poco conclusa a Shanghai, si è parlato anche delle questioni morali, giuridiche e di safety create dalla IA. Ancora una volta, nei confronti della Cina, l’Italia e l’Europa hanno qualcosa da imparare da papa Francesco. Appassionato sostenitore della pace, ha da tempo visto nella Cina un interlocutore indispensabile per porre fine alla tragedia ucraina e per assicurare un ordine internazionale basato sulla pace. Mentre al G7 in Puglia ha guardato più lontano di altri parlando delle questioni giuridiche, morali, in definitiva umanistiche, legate all’Intelligenza Artificiale.
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