Si può prevedere un terremoto? Purtroppo ancora no. Si può prevenire un terremoto? Questo sicuramente sì. Non lo diciamo noi ma tutti gli esperti intervenuti ieri, da Guido Bertolaso a Enzo Boschi a Giuseppe Zamberletti. Non lo dicono da ieri. Lo ripetono, quasi lo urlano da anni. Si sa già come fare. Lo si sa da tempo. Non servono nuovi studi. Le parole chiave sono semplicissime: ' messa in sicurezza'. Nessuna nuova scoperta scientifica ma solo buona pratica di costruzione. Roba da ingegneri più che da geologi, anche se questi servono per dare preziose indicazioni. Ma servono norme che indichino, anzi obblighino, a costruire, o a risanare, in questo modo. Perché con scosse molto più potenti non succede nulla a San Francisco o in Giappone? Quello abruzzese è stato un terremoto forte ma non fortissimo. Il 5.8 della scala Richter del sisma di ieri è 30 volte inferiore – sì avete letto bene proprio 30 – di tante scosse che in Giappone hanno provocato solo lievi danni. Già perché non è il terremoto che uccide ma la casa che ci cade addosso. Ci spiega un ingegnere: « Sotto un sisma forte crolla quello che non può non crollare » . E se cade vuol dire che era fatto male per quel posto, per quel rischio. E il rischio è ben noto. Non ci sono alibi. Invece ci vogliono i terremoti per accorgersi del problema. Ci vuole l’emergenza. Ma poi si dimentica in fretta, affidandosi alla solita buona stella. Tocca a una nuova scossa ricordarci drammaticamente che l’Italia si trova in quel ' triangolo di fuoco' ad alta sismicità che comprende anche Grecia e Balcani. Basta vedere la cartina d’Italia sul sito della Protezione civile. Non c’è zona del Paese che non sia sismica, pur se a vari livelli. E grazie ai diversi colori si vedono bene, in violetto, le zone 1, quelle a maggior rischio, proprio come L’Aquila. Non ci sono davvero alibi. Ancor di più da cinque anni, da quell’ordinanza di Protezione civile n. 3274 del 20 marzo 2003. C’erano voluti i 27 bambini morti con la loro maestra nel colpevole crollo di San Giuliano di Puglia per scoprire che la mappatura sismica dell’Italia era vecchiotta, aggiornata ( ancora una volta...) dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1980. Così, ad esempio, il paese molisano non risultava sismico, almeno per legge. Ma la scienza era andata avanti, per fortuna, approfondendo le conoscenze sulle faglie e suoi loro movimenti. E una nuova mappatura era pronta da tempo. Nero su bianco. Ma non in una norma. Ci volle la morte di quei piccoli e la volontà dei responsabili della Protezione civile per dare una brusca accelerata. E così arrivò quell’ordinanza che, oltre a indicare in maniera più aggiornata le zone a rischio, conteneva anche delle precise norme tecniche per costruire in queste zone. Perché anche la scienza delle costruzioni ha fatto passi avanti, ma le norme erano ferme dal 1996. Cinque anni fa, dunque, mappatura e norme tecniche erano pronte. Si prevedeva un regime transitorio di 18 mesi. Poi sarebbero state obbligatorie. Invece arrivarono proroghe su proroghe, provocate da un durissimo scontro, a colpi di rivendicazioni di competenza. L’allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi definì « scandaloso » che la Protezione civile si fosse attribuita competenze non sue. Spiegando che il suo ministero stava predisponendo un ' testo unico' in materia. Bertolaso rispose secco: « In 60 giorni abbiamo fatto quello che da molti anni non si faceva » . Risultato? Le proroghe sono andate avanti e solo il 4 febbraio 2008 sulla Gazzetta ufficiale è stato pubblicato il decreto del ministero delle Infrastrutture. Che, peraltro, dà tempo per adeguarsi fino al giugno 2010. Nel frattempo si è continuato, e si continuerà, a costruire con le norme del 1996. Possono bastare? Non sempre, come dimostra, purtroppo, il sisma di ieri che ha visto crollare case antiche in pietra e palazzi moderni in cemento armato. Fatte male o solo non adeguate? Comunque sia, ora si applichi rapidamente la nuova normativa e si spenda. Quanto serve. Fino in fondo. Certo per mettere in sicurezza tutti gli edifici di soldi ne serviranno tantissimi. Ma almeno si cominci dalle zone più a rischio. Soldi spesi bene. Un piano per la vita. Inoltre, e non ci sembra un elemento da sottovalutare, capaci di innescare risvolti positivi per un settore, quello dell’edilizia, che si trova in difficoltà. Potrebbe davvero essere questo uno dei cardini principali di un ' piano casa' da attivare al più presto. Ora si applichi rapidamente la nuova normativa e si spenda Quanto serve. Fino in fondo. Certo di soldi ne serviranno tanti. Si cominci almeno dalle zone più a rischio Fondi spesi bene Un piano per la vita