I risultati delle votazioni di ballottaggio in numerosi Comuni confermano e, per qualche aspetto, amplificano il dato delle precedenti regionali parziali: l’esaurirsi della spinta propulsiva del "renzismo", che solo poche settimane fa sembrava inarrestabile. Naturalmente si tratta di un campione piuttosto modesto, l’affermazione per molti versi inaspettata del centrodestra è legata in molti casi a liste civiche o a candidature particolari, il che rende assai imprudente qualsiasi generalizzazione e insostenibile ogni trionfalismo. Tuttavia si può cominciare a svolgere qualche considerazione sull’atteggiamento elettorale e sulle sue modifiche. L’astensionismo assai elevato (anche se è fisiologico un calo tra il primo e il secondo turno, nel quale non c’è il traino dei candidati presenti nelle liste e mancano i simboli dei partiti arrivati dopo il secondo posto) punisce oggi anche e forse addirittura soprattutto il centrosinistra. In questo elemento di novità, che dovrebbe essere comunque verificato in sede statistica e che, per ora, rappresenta solo un’impressione, probabilmente c’è anche l’effetto delle difficili relazioni del governo di Matteo Renzi sia con tradizionali settori organizzati della sinistra (i sindacati degli insegnanti e la Cgil oltre all’area più tradizionalista della militanza) sia la delusione suscitata in settori del cattolicesimo impegnato che glia vevano datto credito (sconcertati da mosse ruvide e sbagliate sul piano economico e su quello etico-antropologico). An che senza una secessione , come quella che è costata al centrosinistra la Liguria, questa insofferenza ha pesato dove il candidato democratico era più legato al segretario, come ad Arezzo, tanto quanto dove, come a Venezia, la candidatura era di segno opposto, anti-renziano. Le tensioni interne al Pd che pure resta un partito formalmente unito, hanno pesato di più, in questa tornata, delle contrapposizioni talora radicali tra le formazioni di centrodestra. Il Movimento 5 Stelle, assente nei ballottaggi delle città capoluogo che fanno più notizia, ha comunque segnato due successi assai rilevanti in Sicilia, ad Augusta e a Gela, e si conferma come un soggetto elettorale di primo piano, che sarebbe errato sottovalutare. Il fatto che non abbia aiutato Felice Casson a Venezia, nonostante l’esplicita richiesta del candidato della sinistra democratica, se da una parte ha favorito la vittoria del candidato moderato, dall’altra ha confermato l’irriducibilità del M5S alla logica delle alleanze, il che, in situazioni particolarmente critiche, come quella che potrebbe determinarsi nella Capitale, può diventare la base per un successo della protesta antipolitica. Anche se non hanno ovviamente effetti diretti sulla maggioranza di governo, i risultati tutt’altro che incoraggianti del voto avranno conseguenze sulla dinamica politica anche la livello nazionale. I problemi aperti, dalla questione della gestione dell’immigrazione e della corresponsabilità europea (che era stata frettolosamente data per ottenuta dall’esecutivo, che poi ha subito il contraccolpo della infondatezza di questa asserzione) a quello della riforma dell’organizzazione scolastica, per non parlare delle permanenti sofferenze sociali – solo attenuate da una timida ripresa – e dell’emergere di ulteriori fenomeni di malaffare diffuso, dovranno essere affrontati in un panorama più difficile. Il dato fondamentale della forza di Renzi, l’assenza di un’alternativa competitiva, non è stato capovolto, ma viene scalfito da segni di una possibilità di ricostruzione di un cartello competitivo di centrodestra (per ora reale solo a livello locale), mentre le tensioni interne e le tendenze all’affermazione di potentati locali nel partito di maggioranza relativa non sembrano destinate ad acquietarsi. L’esistenza seppure embrionale di un’alternativa dovrebbe indurre a maggiore responsabilità le opposizioni interne al premier-segretario, ma non è escluso che, invece, l’effetto sia inverso, soprattutto per quei settori del Pd che puntano, costi quel che costi, ad azzoppare il segretario per impedirgli una trasformazione del partito che considerano un tradimento delle tradizioni della sinistra. Il che rende la situazione, anche in vista di difficili passaggi al Senato, particolarmente incerta.