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Caro direttore, due numeri: 5,6 milioni e 220mila tonnellate. Rispettivamente numero di persone in Italia in stato di povertà assoluta, dunque non sempre in grado di poter accedere a pasti regolari, e la quantità di generi alimentari buttati via dai soli supermercati nel 2020. Abbiamo letto e riletto questi dati, poi li abbiamo vissuti nella vita reale, iniziando a parlare con il supermercato sotto casa, con gli enti del Terzo settore che eroicamente ogni giorno e con immensi sforzi riescono ad aiutare con pacchi decine di migliaia di persone, e man mano abbiamo maturato l’idea di introdurre una misura di civiltà: il Reddito alimentare. Nei fatti, lo Stato che scende al fianco del Terzo settore e dei Comuni, sostenendoli fattivamente a livello logistico nel recupero e nella distribuzione di generi alimentari invenduti.
E partendo in questo da un diritto fondamentale: quello all’alimentazione. Quindi, stabilendo il principio che chi è in difficoltà debba essere aiutato anche da un punto di vista alimentare. Per questo abbiamo fondato il Comitato nazionale per il Reddito alimentare. L’abbiamo fatto forti di 70mila firme a sostegno precedentemente raccolte, dell’interessamento di oltre cento esponenti delle istituzioni in cento Comuni, dell’appoggio di tanti mondi dell’associazionismo italiano e degli enti locali (ad esempio Ali, ex Autonomie italiane). Ma soprattutto lo abbiamo fatto per rispondere a una esigenza etica e per affrontare di petto – ancor di più in questo momento storico particolare – il tema dello spreco: riteniamo infatti immorale che gente soffra la fame a fronte di tonnellate di generi alimentari buttati. D’altronde sta scritto: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».
Cos’è questo passo del Vangelo, se non il più grande manifesto contro lo spreco alimentare della storia dell’umanità? Ciascuno ha un ruolo da svolgere nella trasformazione dei sistemi alimentari a favore delle persone e del pianeta, e «tutti noi possiamo cooperare per la cura del creato, ciascuno secondo la propria cultura, esperienza, coinvolgimento e talento», si legge nell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. Non scordiamoci, inoltre, che con Agenda 2030, Nazioni Unite e Commissione Europea si sono date l’obiettivo di porre fine alla fame e garantire a tutte le persone, in particolare ai poveri e alle persone più vulnerabili, tra cui neonati, un accesso sicuro a cibo nutriente e sufficiente per tutto l’anno. Per questo abbiamo deciso di portare avanti con forza questa proposta rivolgendoci a Governo e Parlamento, e ci stiamo impegnando per farla inserire nella prossima Legge di Bilancio. Una traccia, almeno. Le basi.
Con l’intento, chiaro ed evidente, sin da subito, di voler costruire il progetto assieme ai suoi attori principali, primi fra tutti Enti del Terzo settore ed Enti locali, che fino a oggi hanno gestito – con poche risorse e tanta volontà – l’emergenza fame. Vorremmo che fosse una proposta di una nuova generazione di giovani molto concentrata su una prospettiva di sistema, che vede i problemi come più che meramente economici o politici, o comunque isolati, e riconosce le interconnessioni in tutte le questioni sociali. Che, se parla della crisi climatica, sa vedere che nasce da un sistema economico che non è equo né sostenibile e che essa è perpetuata anche da un sistema politico che non ha agito come dovrebbe nell’interesse dei cittadini di oggi e del domani comune. Vorremmo che fosse la proposta di una generazione che non riesce più a tollerare le troppe disuguaglianze e ingiustizie sociali: per questo, sosteniamo la proposta e la diffondiamo il più possibile: perché non soffrire la fame è un diritto inalienabile della persona.
Presidente e vicepresidente Comitato nazionale per il Reddito alimentare