domenica 19 aprile 2009
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Se non fosse un poco irriverente si potrebbe dire, para­frasando: un anno trascorso pericolosamente. Ma la barca di Pietro, si sa, naviga da sempre in mezzo a tempe­ste e a pirati. Non sono mancati neppure gli ammutina­menti di parte di marinai, ed è una barca su cui ogni tipo d’uomo, con pregi e difetti, viene invitato a salire. Nessu­no, nel Vangelo, ha promesso ai discepoli una vita tran­quilla. Né è stato chiesto ad alcuno un 'certificato' di san­tità per poter salire sulla barca. Dire quindi che per la Chie­sa e per il suo pastore questo è stato un anno vissuto in­tensamente tra grazie e prove è come dire: tutto bene, la navigazione procede. Per questo il primo sentimento con­giunto al primo atto della ragione di fronte a questo Papa, pervenuto alla conclusione del suo quarto anno di ponti­ficato, è di gratitudine. Con il nome fortemente significa­tivo di Benedetto, siamo grati di trovarci dinanzi a que­st’uomo e proprio in questo incrocio dei tempi. Siamo a un incrocio della strada della storia in cui il mite e ragio­nevole invito a considerare la presenza del mistero di Dio nella vita umana è il più avventuroso dei richiami. Siamo a un incrocio della storia dove con 'relativismo' si indica il nome filosofico e culturale del grande disorienta­mento circa il valore dell’esistenza. È dunque il nome del­la grande palude e della terra di rovine in cui il nostro, co­me l’antico Benedetto, si è messo a lavorare per la vigna del Signore, come disse all’esordio.La presenza della Chie­sa nel mondo attuale, ha scritto una grande narratrice a­mericana, è l’unica cosa che rende meno duro il mondo in cui viviamo. Il richiamo a considerare Dio come la Ve­rità misteriosa dell’esistenza, come Mistero buono che a­ma la vita, è l’annuncio che sfida ogni avanzamento della palude, nella vita personale come nella pubblica. È così oggi, come fu per Benedetto che coi suoi monaci reso meno dura la vita dell’Europa tra le macerie del­l’Impero. Gli eventi, i grandi segni che stanno costellan­do la vasta mole del suo lavoro in senso dottrinario e di cura pastorale, e persino le polemiche che stanno deli­neando la figura di Benedetto XVI in termini avventuro­si dipendono precisamente, unicamente, e oso dire, prov­videnzialmente, da questo richiamo che il Papa sta fa­cendo, in modo instancabile e illustrandolo in molti mo­di e campi della vita. Il mistero di Dio c’entra con l’esistenza e la ama. Si può di­re, in ogni circostanza della vita: Padre nostro. Non è vero che la vita di ciascuno è una casualità che si perde nella nebbia dei giorni e delle opinioni: c’è un Dio che ama la vita e vuole che sia lieta. Un Dio che desidera fino al sacri­ficio del Figlio che la nostra vita abbia la speranza per af­fermarsi anche in mezzo alle prove. Non ha pretese que­sto Papa. Non segue le opinioni che gli convengono. A dif­ferenza di ogni altro leader mondiale, non deve inseguire nessun consenso. È il servo dei servi che porta un annun­cio, con la sua parola e la sua testimonianza. Di questo gli uomini di fede, ma anche quelli che vogliono comprendere cosa sia veramente la fede, gli sono grati.
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