E così perfino l’inossidabile Sepp Blatter, signore e padrone della Federazione internazionale del calcio, s’è arreso all’evidenza: la televisione esiste. Non solo: le telecamere scrutano ogni spicchio del campo di gioco e ogni secondo della partita, frugano nelle sue pieghe più recondite, hanno più occhi di quanti perfino l’arbitro più talentuoso possa avere: due al massimo. Quindi la moviola è opportuna «per dare un nuovo aiuto agli arbitri», che ai Mondiali, poveretti, ne stanno combinando di tutti i colori.La moviola in campo? Perbacco, sarebbe una straordinaria rivoluzione nella Federazione più conservatrice, uno strappo epocale, roba da far girare la testa. E pazienza se il calcio arriva come una lumachina lemme lemme, ultimissima tra tutti gli altri sport. La moviola, limitata a casi particolari, esiste già nella pallavolo per decidere se il pallone è dentro o fuori, o se c’è invasione. Nel tennis, dove un "occhio di falco" elettronico segue la pallina, che viaggia a velocità impossibili per l’occhio umano. E ancora nel rugby, dove è l’arbitro stesso a chiedere l’aiuto delle telecamere. Nella scherma, si rivede al rallentatore l’ultimo secondo della stoccata. Nel basket può accadere che una partita sia decisa da un fermo immagine. Nella Formula 1 e nel Motomondiale i filmati servono per scovare irregolarità e scorrettezze.Blatter dunque, dopo lungo letargo, si è accorto che la tecnologia potrebbe non ostacolare ma aiutare gli arbitri. Ma soprattutto, come ha precisato, servirebbe a «introdurre un po’ più di giustizia nel gioco». Ah, la giustizia! Troppe volte calpestata, al di là della volontà degli arbitri che possono veder male o non vedere affatto, e infliggere sanzioni ingiuste o non infliggere quelle giuste, che assegnano rigori dove c’è simulazione dell’attaccante, o fischiano simulazione quando invece il fallo c’è tutto. Trenta secondi dopo che ha fischiato o lasciato correre, tutti, assolutamente tutti gli spettatori hanno visto e rivisto la scena e sanno quale sarebbe stata la decisione giusta. Non vorremmo essere nei panni dell’arbitro che, all’intervallo, viene informato che quel rigore fischiato non c’era proprio, o non ne ha fischiato uno sesquipedale. Con quale "ansia di giustizia" arbitrerà nel secondo tempo?Giustizia, appunto. La giustizia assoluta nel gioco del calcio è un’utopia, lo sappiamo. Ma ciò non significa rassegnarsi all’ingiustizia. Quel che si può fare per evitare gli errori evitabili va fatto. Tutto quello che i burosauri alla Blatter, in Italia e all’estero, hanno finora evitato di fare. La distanza della barriera, ad esempio. Risulta incomprensibile perché in Italia non si debba introdurre la favolosa bomboletta spray che stiamo vedendo al Mondiale: niente barriere semoventi, fine delle punizioni irregolari, stop alle proteste e al tempo perso.
Tempo perso... Giocatori rantolanti e prossimi al trapasso che, appena trasportati in barella fuori campo, risorgono e schizzano in campo con piglio da centometrista. Ma intanto i secondi sono passati. E poi il portiere che non rinvia mai, se la sua squadra è in vantaggio. La soluzione? Introdurre il tempo effettivo come nel basket, e come nel rugby in situazioni particolari. Trenta minuti di gioco effettivo per tempo, 60 in tutto, e vedrete che le partite dureranno esattamente 90 minuti come oggi, quando però il pallone corre per 50 minuti al massimo.Decidano in fretta i dettagli. Chi può chiedere la moviola (gli allenatori due volte al massimo per tempo, e a gioco fermo?), in quali circostanze, e così via. Ma restituiscano un po’ di giustizia al calcio. Uno spettacolo più giusto è più avvincente. Poi, si sa, neanche la moviola è infallibile, e le polemiche ci saranno sempre. Magari sentiremo piovere sul campo un nuovo insulto: «Telecamera venduta!».