Da troppo tempo, non solo in Italia, quando si parla delle frontiere della nuova biomedicina sembra divenuto obbligatorio parlare di cellule staminali il cui termine sembra produrre valore aggiunto dalle creme di bellezza fino alle presunte proposte terapeutiche come quella in discussione in Italia.
Il 'caso Stamina' – lo scorso 14 luglio sul
Sole24ore ne ha scritto Paolo Bianco – con le gravissime anomalie che lo caratterizzano ne è una conferma. Eppure questa spinta parossistica continua a contagiare perfino la comunicazione a riguardo di terapie consolidate come quelle basate sull’uso di sangue di cordone ombelicale. Accanto, infatti, alle importantissime applicazioni da decenni in uso nei trapianti viene spesso esaltata una ancora discutibile utilità del sangue cordonale nella cosiddetta medicina rigenerativa, spingendo molte donne alla cosiddetta conservazione autologa in banche private. Qualsiasi studente di medicina che si imbarchi a navigare in rete con parole chiave come 'terapie cellulari' vedrà aprirsi centinaia di siti. La maggior parte di essi rappresentano solo promesse irreali e, spesso, truffe dove è perfino messa a rischio la salute del paziente. Facendo un conto percentuale si vedrà che in Italia di queste proposte ve ne sono pochissime mentre pullulano in tutto il pianeta e anche in Europa dove l’ultimo grave caso ha coinvolto la Germania (pur considerata un Paese molto rigoroso sul piano scientifico e medico), contribuendo a gettare discredito sulle serie ricerche cliniche eseguite in conformità a corrette norme bioetiche.Si tratta del 'Centro XCell' di Düsseldorf (fondato nel 2007 da un olandese) molto gettonato sul piano del turismo medico. Il centro è stato chiuso nel maggio 2011 proprio a seguito della morte di un bambino sottoposto a trattamento con cellule staminali iniettate nel cervello. Il fatto grave è che molti altri centri e cliniche continuano a operare senza aver mai prodotto alcuna documentazione scientifica della loro attività . Senza addentrarci nei dettagli storici va almeno ricordato che le cosiddette terapie cellulari non sono nate con le cellule staminali ma risalgono all’inizio del Novecento quando il dottor Kuettner propose il trattamento con cellule o frammenti di tessuto per «stimolare l’organismo malato a reagire». La storia successiva ha visto i nomi dello svizzero Niehans che nel 1931 iniettando in un paziente delle cellule di paratiroide di bue avrebbe avuto come risultato la guarigione del paziente e di molti altri seguaci di questo filone terapeutico basato sulla negazione della moderna immunologia. Esso teorizza infatti l’uso terapeutico di xenotrapianti (da specie diversa) che avrebbe lo scopo di stimolare le funzioni dell’organismo. Alcune di queste terapie (per esempio la 'sicca cell therapy') è stata addirittura proposta per curare malati di sindrome di Down costringendo il consiglio del
National Down Syndrome Congress e la
American Cancer Society a denunciarne i gravi rischi. Se in questo momento storico queste terapie hanno meno seguaci, le idee che le sorreggono si sono aggiornate e sono nati molti siti che reclamizzano (in modo più moderno) terapie con cellule staminali sia adulte che da embrioni umani. Anche il CAT (
Committee for Advanced Therapies) che agisce a livello europeo nell’ambito dell’EMA (
European Medicines Agency) è più volte intervenuto su questa materia.
In uno di questi interventi (
Lancet, agosto 2010) il CAT ha denunciando quello che ormai viene chiamato «turismo medico», che vede numerosi pazienti recarsi in queste cliniche (presenti soprattutto nei Paesi asiatici) a sottoporsi a terapie inefficaci, talvolta anche molto pericolose e sempre comunque costose per il paziente. Purtroppo l’eccessiva semplificazione delle cosiddette 'scoperte' in campo biomedico da una parte (fatta da giornali, radio e Tv prima che le stesse sia pubblicata su riviste scientifiche specializzate) e la loro esagerata enfatizzazione finscono per generare in pazienti e familiari speranze infondate e successive amare delusioni. I pazienti hanno, invece, il diritto di essere informati dei progressi fatti in campo medico ma non di essere illusi con notizie talvolta confuse, ambigue o addirittura non veritiere. A questa responsabilità non possono sottrarsi medici e ricercatori seri e anche i magistrati che non possono arrogarsi la competenza di stabilire se una terapia è efficace oppure no. In caso contrario, come sta avvenendo in Italia, si rischia davvero di trasformare un legittimo dibattito in uno scontro tra tifosi di curve opposte dettato solo da forti sentimenti e deboli ragioni.