giovedì 27 agosto 2009
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Che la tessera del tifoso, ambiziosa iniziativa del Viminale per prevenire la violenza negli stadi, non piacesse agli ultras che abitano i nostri stadi, era scontato. Come pure che fosse mal digerita dai club di calcio, obbligati a farsene carico. E finalmente a fare davvero qualcosa contro il teppismo, dopo aver approfittato da sempre della difesa offerta ogni domenica dalle forze dell’ordine, pagata dai contribuenti. A sorpresa però ora ci si è messo pure Marcello Lippi. Che se dice che la Juventus è la favorita per lo scudetto scatena perfide reazioni e ridicoli dibattiti, mentre provoca appena un’alzata di sopracciglio se, come è accaduto ieri, con l’autorità di commissario tecnico della Nazionale afferma che la tessera del tifoso «ghettizza e non mi piace».Così, purtroppo, saranno forti anche di questo illuminato parere, le centinaia di ultras che si sono dati appuntamento a Roma per il 5 settembre: protesteranno, poverini, per difendere il loro diritto a fare i tifosi estremi e “non ghettizzati”. Insomma, al ministro Maroni il calcio continua a regalare tristezze. Ma è anche vero che al pallone (per tradizione impunito e impunibile) il Viminale avrebbe potuto probabilmente imporre subito un rigore ben diverso. Della tessera del tifoso infatti si parla come atto ufficiale dal 28 maggio del 2008. Obbligatoria, necessaria, da introdurre dopo che siano trascorsi i tempi tecnici per approntarla... Ne abbiamo sentite tante. E intanto i mesi sono passati, i club di calcio hanno fatto finta di dimenticarsene e quello che poteva essere un buon tentativo per difendere l’ordine pubblico, è diventato una barzelletta. Riassumendo: la “tessera” sarebbe uno strumento di fidelizzazione, conterrebbe le generalità del tifoso, verrebbe concessa solo previo controllo dei precedenti penali dell’interessato, e soprattutto verrebbe negata a chi sia stato condannato, anche in via non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazione sportive negli ultimi cinque anni. Dire che si tratta di una «grave limitazione della libertà personale», pare francamente ridicolo.Piuttosto il condizionale è inevitabile, visto che solo l’Inter (e in parte il Milan) si sono adeguate sinora alle disposizioni del Viminale. Che però – a fronte delle oziose risposte da parte del mondo del calcio – ha scelto la politica del rinvio, confortando chi in questa operazione altro non vede che una forma di «schedatura» del tifoso. Sufficiente per far venire l’orticaria ai puristi della privacy. Francamente ipocrita, visto che chi non ha mai usato catene e coltelli, può sopportare il fastidio di una tessera in più nel portafoglio. E che, soprattutto, andare allo stadio in trasferta non è obbligatorio, mentre senza un telefono cellulare, o una carta di credito non puoi vivere. E con quelli in tasca sei “schedato”, da sempre. Con tanti saluti alla privacy.Il ministro Maroni, a Ferragosto, ha annunciato di aver firmato una circolare che prevede che tutte le società di calcio «dovranno garantire la tessera a chi la chiederà entro il 31 dicembre», e che «dal 1° gennaio 2010, le società potranno vendere i tagliandi riservati ai settori ospiti esclusivamente ai possessori della tessera del tifoso». Date e scadenze che si spera abbiano un significato definitivo. Perché che si tratti di uno strumento valido per arginare i delinquenti che con la scusa della partita vanno in trasferta solo per picchiare e terrorizzare la gente perbene, è tutto da dimostrare. Ma che la violenza nel calcio resista (6 arresti, 54 denunce e 60 proposte di Daspo solo nella prima di campionato, con in più l’inquietante ricomparsa improvvisa degli hooligans, a Londra), e che il pallone continui a farsi beffe delle disposizioni ministeriali, sono realtà che non ci stancheremo di denunciare.
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