Una delle immagini più sintetiche ed efficaci dell’economia globale è quella di un mondo fatto di ricchezza senza nazioni e nazioni senza ricchezza. E il problema dell’elusione/evasione e quello dei paradisi fiscali è al centro della questione. Se in tempi di vacche grasse istituzioni nazionali e internazionali chiudevano benevolmente un occhio, in tempi di vacche magre come questi, con vincoli di bilancio sempre più stringenti per il conto della crisi finanziaria pagato dagli Stati nazionali, la pazienza e la tolleranza si sono di molto ridotte e i paradisi fiscali sono sempre più nel mirino. Il Fondo monetario internazionale stima che ben un terzo della ricchezza mondiale si trova nei paradisi fiscali. Per la rete intergovernativa
Tax Justice che si occupa da tempo di questi temi si tratterebbe addirittura della metà.Per i paradisi fiscali, comunque, passa metà del commercio mondiale e in essi si trovano metà degli attivi bancari. Il motivo è sempre lo stesso, evadere/eludere il fisco con pratiche contabili complesse che creano, come ha ricordato l’Ocse, un vantaggio competitivo iniquo per le grandi imprese (è ancora recente la notizia che Google paga complessivamente un prelievo fiscale di appena l’8 per mille sui propri utili) ai danni delle medio-piccole aziende che non dispongono degli stessi "strumenti". I meccanismi dell’elusione fiscale sono apparentemente complessi ma in realtà si fondano su principi banali. Le imprese costruiscono società "opache" da loro controllate nei paradisi fiscali e occultano parte dei loro profitti trasformandoli in costi per servizi fittizi che quelle stesse società erogano nei loro confronti. In questo modo occultano i profitti evitando di sottoporli a tassazione.Tutto questo implica che la crisi finanziaria, la povertà globale (ancora un miliardo e 200mila persone sotto la soglia di povertà di un 1,25 dollari al giorno e 2 miliardi e 700mila sotto quella dei 2 dollari al giorno secondo le più recenti valutazioni delle Nazioni Unite), l’investimento insufficiente in beni pubblici globali non dipendono da un problema di scarsità globale di risorse finanziarie. Le risorse ci sono ma, per i meccanismi sopra descritti, non sono disponibili. È per questi motivi che la rete di organizzazioni che partecipano alla campagna "005" ha deciso di inserire la lotta ai paradisi fiscali tra i quattro obiettivi fondamentali verso i quali dirigere le proprie forze, assieme alla tassazione delle transazioni finanziarie, della separazione tra banca commerciale e banca d’affari e della regolamentazione della finanza derivata. Una sintesi efficace per capire perché questi quattro obiettivi sono cruciali per rimettere il sistema finanziario al servizio della persona la fornisce l’immagine della liquidità e dell’acquedotto.Le banche centrali cercano oggi disperatamente di curare gli effetti della crisi finanziaria e la crisi dell’economia reale pompando grande quantità di acqua (di moneta) nell’acquedotto del sistema finanziario globale. In realtà però molta di quell’acqua non arriva a destinazione per gli usi più urgenti perché l’acquedotto ha molte falle. La liquidità è deviata appunto nei paradisi fiscali o utilizzata da banche massimizzatrici di profitto non per il credito alle imprese ma per operazioni speculative di breve termine, spesso condotte su strumenti (non usati per motivi di copertura) di finanza derivata. Non possiamo continuare a vivere come i manzoniani "capponi di Renzo" che, portati verso il mercato da mani robuste, sono ignari della vera origine dei loro problemi e non fanno che beccarsi tra di loro.È arrivato il momento di chiudere le falle dell’acquedotto e riportare la finanza al servizio dell’economia reale. E bisogna approfittare di questa congiunzione storica particolare nella quale, mai come oggi, istituzioni nazionali e internazionali e società civile sono concordi nell’analisi del problema e nella volontà di porvi rimedio. Separazione tra banca commerciale e banca d’affari con divieto per quest’ultima di trading proprietario, tassa sulle transazioni finanziarie, regolamentazione della finanza ombra, registri pubblici sulla proprietà e
country-by-country reporting (rendicontazione finanziaria Paese per Paese) per le imprese multinazionali sono le regole fondamentali che servono, e servono adesso. Se il nostro fine non è la prosperità di un sistema finanziario autoreferenziale e orientato all’azzardo ma il bene della collettività non ci possono essere più dubbi o esitazioni nel procedere in questa direzione.