La filosofa statunitense Martha C. Nassbaum, docente all’università di Chicago, pubblica sul
Times Literary Supplement un lungo e interessante articolo sulla situazione degli studi umanistici a livello internazionale (cui aveva parlato anche in una recente intervista ad
Avvenire). Il ben documentato studio è incentrato sul tema della crisi che riguarda gran parte del mondo, crisi notoriamente economica ma, a parere (fondato) della Nassbaum, crisi culturale, spirituale, che se non arrestata rischia di precipitare in crisi morale, ontologica, insomma in una voragine autodistruttiva. L’autrice si riferisce a tre aree molto vaste: l’Europa, l’Asia (con maggiore attenzione all’India, perché più simile all’Occidente per tradizioni scolastiche) e gli Stati Uniti.Parla di una crisi appunto molto più ampia di quella puramente economica, e prosegue: «Sono in corso cambiamenti radicali in quello che le società democratiche insegnano ai giovani, e su questi cambiamenti non si riflette abbastanza. Attirati dal profitto, molti Paesi, e i loro sistemi scolastici stanno escludendo alcuni saperi indispensabili a mantenere viva la democrazia. Se questa tendenza continuerà, gli Stati di tutto il mondo produrranno generazioni di macchine docili, utili e tecnicamente qualificate, invece di cittadini a pieno titolo, in grado di pensare da soli, mettere in discussione le consuetudini, e comprendere le sofferenze e i successi degli altri». L’inseguimento esclusivo dei beni materiali , che il grande poeta indiano Tagore definisce il nostro "rivestimento", va a scapito dell’immaginazione che rende umani.La conoscenza non è garanzia di buona condotta, prosegue l’autrice, ma l’ignoranza garantisce una condotta cattiva. Il taglio agli studi umanistici si è registrato con l’apparire della crisi economica, taglio drastico in Asia ed Europa, meno grave ma serio negli Stati Uniti. L’immaginazione, che si coltiva con gli studi umanistici considerati optional, è ingrediente fondamentale per resistere e rinascere. «Un elenco di fatti, senza la capacità di valutarli, può essere dannoso quanto l’ignoranza». La Nussbaum prosegue indicando come il taglio all’istruzione umanistica, agli studi sulla letteratura, la poesia, e l’arte, sia generale e cieco, quasi a estirpare un’erba inutile, la cui bellezza persino ormai tende a sfuggire. La sua preoccupazione non è poetica: non è un artista che difende il proprio mondo. Il che sarebbe legittimo, ma meno significativo. È uno studioso della società che ne vede l’incancrenirsi.Vede la crisi culturale e spirituale come causa prima di tutto. È un’ analisi precisa e chiara. Si taglia l’immaginazione per salvare l’economia, e si manda a picco il mondo. La versione concreta, valutabile, di un fenomeno più profondo e subliminale, che ne è a mio parere alla base: l’oblio, lo sgretolamento del sacro, che caratterizza il Novecento, il secolo alle spalle. Dove non a caso le punte di resistenza sono poeti, artisti, o grandi figure religiose. La studiosa americana sottolinea con precisione una tendenza perversa e suicida dei governi di tre quarti del mondo a tagliare l’immaginazione che ci fa liberi, a tagliarla di fatto, concretamente, nei programmi di insegnamento. E predice, giustamente, rovina.Un anno fa il Pontefice riceveva noi artisti perché da tempo la Chiesa aveva compreso questo nodo di importanza assoluta: la difesa dell’immaginazione significa difesa dello spirito, della libertà, condizioni essenziali perché gli uomini possano degnamente lottare per la vita, anche nei suoi sacrosanti aspetti pratici ed economici.