La libertà religiosa come "la libertà delle libertà". A precedere tutte le altre. A renderle possibili e plausibili. Di più, a fondarle. La libertà religiosa, dunque, come scintilla senza la quale ogni altra libertà non solo non è possibile, non è neppure vera. Non esiste. E che, al contrario, «quando è coerente alla ricerca della verità e alla verità dell’uomo», illumina e indirizza in maniera sicura il cammino verso la pace.Già solo nella scelta del tema per la 44a Giornata mondiale della Pace – "La libertà religiosa, via per la pace" – c’è tutto il gusto di Benedetto XVI per una provocazione intellettuale forte, spiazzante. Che parte da quella che quasi sembra una ridefinizione dello stesso concetto di "libertà religiosa", depurandolo dalle mistificazioni di ogni fondamentalismo ma, allo stesso tempo, proiettandolo ben oltre la soglia minimale di una concessione alla semplice libertà di credere.Come infatti spiega la nota che accompagna la pubblicazione del tema della Giornata, «la libertà religiosa è autenticamente tale quando è coerente alla ricerca della verità e alla verità dell’uomo». Un’impostazione cruciale: che mentre «consente di escludere la "religiosità" del fondamentalismo, della manipolazione e della strumentalizzazione della verità e della verità dell’uomo», in quanto «tutto ciò che si oppone alla dignità dell’uomo si oppone alla ricerca della verità, e non può essere considerato come libertà religiosa», nello stesso tempo «amplia gli orizzonti di "umanità" e di "libertà" dell’uomo», facendo in questo senso della libertà religiosa «una libertà per la dignità e per la vita dell’uomo».Forte, si diceva, e spiazzante. Dove la forza sta, ancora una volta, secondo quell’impronta ormai immediatamente riconoscibile che rappresenta lo stile a cui ormai Papa Ratzinger ci ha abituato, nel tendere la mano a una ragione con cui la fede chiede di dialogare spogliandosi di ogni rigidità, di ogni chiusura preconcetta, nella certezza che, per una vera ricerca del bene comune, l’una abbia costantemente bisogno dell’altra. E dove il paradosso risalta evidente nel fatto che se, come ovvio, nell’orizzonte di libertà religiosa evocato dal Papa ci sono tutte le situazioni in cui il diritto a professare la propria religione è conculcato fino alla persecuzione e alla morte, il richiamo forse più allarmato è al processo di secolarizzazione che vorrebbe quasi espellere dall’orizzonte della vita pubblica ogni rilevanza del "credere", quasi a volerlo relegare in un privato residuale.Sarà per questo doppiamente interessante vedere come, nel corpo del Messaggio – che sarà pubblicato a fine autunno – Benedetto XVI svolgerà il suo pensiero. Oggi in ogni caso, così come non si può non pensare ai drammi quotidiani e alle tragedie dei perseguitati a motivo della loro religione, non si può allo stesso modo non riconoscere con sgomento il deserto spirituale e il vuoto della ragione che hanno portato il crocifisso sul banco degli imputati, solo per citare il più eclatante tra gli esempi possibili.«È inconcepibile che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti». Benedetto XVI pronunciò queste parole davanti all’Assemblea generale dell’Onu, il 18 aprile del 2008, al cuore di un discorso che meriterebbe di essere ripreso e meditato ancora e ancora, denso com’era di spunti per significare il futuro della convivenza umana. Perché, aggiunse, «il rifiuto di riconoscere il contributo alla società che è radicato nella dimensione religiosa e nella ricerca dell’Assoluto – per sua stessa natura, espressione della comunione fra persone – privilegerebbe indubbiamente un approccio individualistico e frammenterebbe l’unità della persona». E che pace potrebbe mai essere possibile tra uomini spezzati nel loro stesso essere?