Più che un quartiere, Scampia rappresenta quasi un sinonimo della Napoli che, anche al di là dell’emergenza rifiuti, espone a cielo aperto i suoi molti mali. Nel vocabolario delle sue infinite emergenze, il rione delle «vele» è diventato non un termine, ma un discorso a sé, forse l’enciclopedia più completa del disagio. Per vie estreme si può parlare quasi di un monumento alla rovescia, con i valori capovolti, proprio come la pretenziosa geometria dei suoi edifici, che sembra proiettare al cielo soltanto un senso di precarietà, se non di vuoto e d’impotenza.Niente, oggi a Napoli, è più eloquente di Scampia; tanto che si può forse parlare di questa fetta di territorio come del controcanto, aggiornato ai tempi, del mandolino e della cartolina del Vesuvio, due cliché legati alla città che fu. Ma Napoli, ieri e oggi, resta sempre la patria delle contraddizioni. E accade così che, dalla tombola delle combinazioni, possa venir fuori anche un segno positivo. Se questo segno finisce per riguardare Scampia, non si può evitare un sussulto e pensare che, dopotutto, nessuna partita può considerarsi mai persa in partenza. Il rione aveva già fatto parlare di sé, nel senso di suscitare sconcerto e meraviglia, durante i giorni più infuocati dell’emergenza rifiuti, quando s’era scoperto che – nientemeno – proprio lì la raccolta differenziata andava a gonfie vele. Riavutisi un po’ tutti dalla sorpresa, sono cominciati a cadere, a uno a uno, i punti esclamativi che la vicenda aveva richiamato. È bastata una semplice (o magari semplicistica) considerazione: alla camorra, certo, non giova avere tra i piedi, sul proprio terreno d’azione, gli ingombranti cumuli di "monnezza".Ma c’è ancora un altro versante dal quale Scampia è riuscita a guadagnare la ribalta. E stavolta la strada – che i lettori di Avvenire conoscono da quando s’era promesso di aprirla – sembra davvero quella giusta. La prospettiva che tra le "vele" possa spuntare la Facoltà di Medicina è qualcosa in più di una sfida. Insieme ai vertici istituzionali della città, l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe – che aveva scelto proprio Scampia per il suo ingresso in città – ha schierato decisamente la Chiesa a sostegno di un insediamento che segnerebbe un autentico punto di svolta per il futuro.L’Università a Scampia ha il sapore estremo di una forma di legittima ritorsione da parte di quelle realtà positive che si son viste espropriare quote sempre più importanti di territorio. Andare ad aggredire i suoi (tanti) buchi neri (come Scampia, suo malgrado, è stata sempre considerata), è oggi, forse, la sola sfida plausibile di una città costretta a ricostruire, tra i molti grovigli, il suo punto a capo pressoché quotidiano. Caduta (o forse consegnata) in mano alla malavita – che l’ha vessata in ogni angolo – per Scampia non esiste altro modo per risorgere a nuova vita, se non ricorrendo a un’azione di forza: una vera e propria occupazione di spazi e, al tempo stesso, di contenuti, tale da non lasciare tregua e respiro a chi ne ha fatto il lato oscuro di una città, a sua volta sempre più opaca. Questa opacità di fondo, se non altro, rende più visibile, per contrasto, la presenza di qualche pur timido e fioco punto di luce. E l’idea stessa della Facoltà di Medicina al posto delle della Vela H è di quelle che illuminano anche il futuro. E danno avvio a una sacrosanta legge del contrappasso alla rovescia: spacciare cultura e sapere, diffondere legalità e senso del bene comune proprio come in una controffensiva di risarcimento; dovuta a Scampia, ma estesa a tutta Napoli. Sono le strade controcorrente quelle che oggi possono portare Napoli più lontano. Lo sta dimostrando il Giubileo delle Chiesa locale che a ogni passo, seppure in silenzio, apre sempre nuovi spiragli di luce. Ora la speranza fa rotta verso Scampia. E stavolta è l’Università stessa a meritare la lode.