Continuità o fine del kirchnerismo? A questa domanda dovranno dare una risposta nel corso dell’ultima parte del 2015 gli elettori argentini, chiamati a scegliere il Presidente della Repubblica, le due Camere e vari governatori statali, in quello che sarà l’appuntamento elettorale più importante di quest’anno in America Latina. Il calendario elettorale è stabilito da tempo: mentre le elezioni dei governatori si sono distribuite in varie scadenze, alcune delle quali (come quella del sindaco della città di Buenos Aires) già espletate, le elezioni presidenziali sono programmate, in due turni, per il 25 ottobre e il 24 novembre prossimo (quest’ultimo in caso di ballottaggio tra i candidati presidenti), mentre l’elezione del Congresso avverrà contestualmente al primo turno delle presidenziali. Ma decisive, in vista di queste scadenza, sono le Primarie aperte contestuali e obbligatorie («Paso») per i partiti e le coalizioni che presentano candidati alla Casa Rosada, che si svolgeranno domenica, 9 agosto. Quattro anni fa, quando l’attuale presidente, Cristina Fernández de Kirchner, ottenne il suo secondo mandato, destinato a concludersi alla fine di quest’anno, furono le «Paso» la scadenza decisiva: proprio per la loro contestualità, esse consentono infatti di misurare non solo la forza relativa dei candidati alla presidenza di una coalizione ma anche la forza dei diversi candidati selezionati per la competizione ufficiale. L'offerta politica in vista delle presidenziali sembra ormai ragionevolmente delineata e appare raccolta attorno a tre candidature principali (tutte con cognomi visibilmente italiani), affiancate da alcune proposte minori (in totale i candidati formalmente registrati sono 15). Il
front-runner, secondo gli ultimi sondaggi, è il candidato della continuità: Daniel Scioli, 58 anni, presidente uscente della Regione di Buenos Aires (la più popolosa del Paese, anche se amministrativamente distinta dalla città capitale), che rappresenta il Frente para la Victoria, la coalizione creata nel 2003 da Nestor Kirchner e che nel 2007 e nel 2011 ha sostenuto la candidatura di sua moglie (dal 2010 vedova), Cristina Fernandez. Scioli – la cui traiettoria personale è stata inizialmente costruita fuori dalla politica, come pilota di motoscafi sportivi e poi come imprenditore – è fedelissimo kirchneriano: dal 2003 al 2007 è stato il vicepresidente di Nestor Kirchner e per queste elezioni ha scelto un altro fedelissimo della
Presidenta, Carlos Zannini, come
compañero de fórmula, cioè come vice. Anche se il profilo di Scioli è per certi aspetti autonomo dalla famiglia Kirchner (che si prepara a far scendere in campo, nei prossimi anni, il figlio della coppia presidenziale, Máximo), la buona posizione che i sondaggi gli riconoscono è il segno che il kirchnerismo – dato più volte per declinante negli ultimi anni – rimane forte. Dai sondaggi risulta che i suoi consensi sono particolarmente elevati fra le persone con un più basso reddito e con un basso livello di istruzione. Esso è l’ennessima reincarnazione del peronismo (dopo quella originaria, vagamente fascistizzante, di Perón ed Evita; quella degli anni Settanta, liberal-conservatrice, del Perón morente e della sua terza moglie Isabelita; quella iper-liberista di Carlos Menem negli anni Novanta) e ne costituisce la variante socialisteggiante, in continuità con i gruppi para-rivoluzionari che infestavano l’Argentina dei primi anni Settanta, ed è sostenuto dal tradizionale sindacalismo peronista. La cifra qualificante è quella del populismo, dell’identificazione con un 'popolo' buono, ora declinato in sintonia con l’humus politico prevalente in buona parte dell’America Latina, dal Venezuela di Chávez e dei suoi eredi alla Bolivia di Morales, dal Brasile di Lula e Dilma all’Ecuador di Correa, pur con tutte le differenze tra i vari casi. Gli episodi di corruzione e gli abusi di potere che hanno macchiato i 12 anni del kirchnerismo (quest’anno il più drammatico è stato l’omicidio del procuratore Alberto Nisman, che indagava fra l’altro sulla
Presidenta) hanno più volte prodotto crisi di rigetto, manifestatesi ad esempio nelle elezioni di medio termine del 2013. Oggi sono interpreti di questo senso di stanchezza almeno due candidati. Il primo – e principale sfidante di Scioli – è il sindaco uscente della Città di Buenos Aires, Mauricio Macrì, già patrón della squadra di calcio del Boca Juniors e leader del partito liberale Pro (Propuesta Republicana), che compete per la designazione come candidato presidenziale all’interno della coalizione Cambiemos, cui afferisce, oltre al suo partito, anche l’Unión Civica Radical – che è stata nel Novecento l’altro grande partito argentino, contrapposto ai peronisti – con due candidati: Elisa Carrió ed Ernesto Sanz. Secondo gli ultimi sondaggi, Macrì dovrebbe prevalere largamente sui suoi avversari interni, ma risulterebbe abbastanza distanziato da Scioli. In chiaro declino rispetto alle aspettative iniziali, ma in ripresa rispetto ad alcuni mesi fa, dovrebbe essere il 'terzo uomo' di questa corsa: Sergio Massa, già governatore della città di Tigre, ed ex alleato della Kirchner, di cui fra il 2008 e il 2009 è stato
Jefe de Gabinete (una sorta di primo ministro, ma con poteri molto limitati). All’interno della coalizione Frente Renovador, il 43enne Massa compete con un peronista dell’interno, il governatore di Cordoba José Manuel de la Sota, e tenta di proporre un’alternativa soft al kirchnerismo, maturata nel suo stesso seno, anche se le sue chance – elevatissime dopo il suo trionfo nelle elezioni di medio termine del 2013 – non sembrano prefigurare al momento uno sfondamento nel territorio elettorale del kirchnerismo, né in quello dell’opposizione Pro-radicali. Oltre a designare i candidati delle coalizioni alla presidenza della Repubblica, le «Paso» del 9 agosto sono il primo test nazionale in vista delle presidenziali. Se la corsa a tre verrà confermata (se, cioè, Massa riuscirà ad aggregare una percentuale di consensi tale da consentirgli di restare nella partita con un ruolo più visibile di quello di una comparsa, e se la distanza tra Scioli e Macrì sarà contenuta), la competizione potrebbe rimanere aperta fino alla fine dell’anno. Il ballottaggio sarà necessario solo se nessun candidato supererà al primo turno il 40 per cento, distanziando di almeno 10 punti il secondo: quest’anno – per la prima volta dal 1999 – potrebbe essere necessario attendere il secondo turno per sapere chi governerà l’Argentina nei prossimi 4 anni e se il nuovo Presidente sarà ancora nel segno dei Kirchner. Alla fine le notizie non eccelse sulla situazione economica argentina, filtrate nelle scorse settimane, potrebbero avere il loro peso.