Il secondo viaggio in Abruzzo del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, è un ulteriore tangibile messaggio, umile e potente: la Chiesa ama. E lo fa in ogni tempo, ma soprattutto in quello della prova e della sofferenza. Lo scopo della visita alle persone e alle famiglie – che portano ancora i segni dell’immane disastro sismico della primavera scorsa – e l’incontro con i rappresentanti della Caritas nazionale e regionale e con il piccolo-grande esercito dei 2.500 volontari – che lavorano per far rimarginare quelle tragiche ferite – non è certamente un gesto politico, né l’offerta di una semplice, per quanto preziosa, parola di solidarietà e di conforto. Leggendo con attenzione i segni della ripresa e cogliendo un clima globalmente positivo nel difficile cantiere del dopo-terremoto, il cardinale dice – con un’espressione che riassume in sé la qualità intima della vocazione pastorale – di essere tornato nella terra aquilana perché «nessuno, in qualunque situazione, deve sentirsi solo nella Chiesa». Una Chiesa che vuole e sa essere «famiglia e fermento della società civile». Una Chiesa che vuole e sa farsi risposta alla solitudine e allo smarrimento personale e sociale, che hanno afferrato le popolazioni d’Abruzzo nei momenti bui in cui la forza della natura ha seminato morte e distruzione. Una Chiesa che vuole e sa essere grembo materno. Perché la Chiesa è una istituzione a responsabilità illimitata, e – attraverso le parole del presidente della Cei – è 'luogo' di raccolta di generose energie spirituali e 'motore' per la distribuzione di tangibili segni di condivisione e di ricostruzione dell’umano e degli spazi dell’umano. Un’opera grande, alla quale su impulso della Cei, la Caritas, le diocesi e le parrocchie italiane hanno dato un contributo concreto: trentuno milioni di euro, subito impegnati nella realizzazione di centri comunitari, di scuole e di strutture di edilizia sociale e abitativa. Un tesoro raccolto in questo tempo di crisi economica, con una grande colletta che ha sfidato a un’ulteriore prova d’amore la nostra Chiesa italiana già coralmente mobilitata nel sostegno alle famiglie che più pagano le conseguenze della recessione. Una prova d’amore che gli abruzzesi meritano. Il cardinal Bagnasco sa quanto gli aquilani amino la loro terra, e quanto si siano prima scoraggiati e poi mobilitati quando venne evocato lo spostamento di storici centri in zone nuove e diverse. E per questo ha tenuto a sottolineare la sua soddisfazione nel vedere questo popolo fiero e gentile finalmente rassicurato dai cantieri della ricostruzione installati nei luoghi che hanno visto fiorire, nel tempo, ricche tradizioni e forte spirito di appartenenza. I grandi sacrifici, sopportati da migliaia di abruzzesi, subìti giorno dopo giorno sotto le tende dell’attesa, non andranno insomma perduti. E da questa prospettiva e dalla forte identità degli abruzzesi viene la spinta per guardare in avanti, rafforzando – dice ancora il cardinal Bagnasco – «fede e speranze». L’amore «edifica», ci insegna san Paolo (1 Cor 8,1). E l’amore delle comunità cristiane sta aiutando a strutturare spazi perché nell’Aquilano riprenda, il prima possibile, il ritmo normale della vita. E questo stesso amore si insinua con forza nel gioco sconcertante degli eventi naturali e dei mali della storia, senza illusioni, ma nonostante tutto sfidandoli, nonostante tutto producendo modelli e opere positive. Sì, l’amore edifica.