Il discorso del Papa al Corpo diplomatico, come la quasi totalità dei suoi interventi, si caratterizza per una molteplicità di piani di lettura. C’è la lucida radiografia del momento presente, segnato dalle crisi innescate dalla pandemia. C’è l’analisi geopolitica delle aree più sofferenti del mondo (dal Vicino Oriente all’Africa, al Myanmar, solo per citarne alcune). E naturalmente non mancano le indicazioni di prospettiva, con il richiamo più o meno esplicito alla Dottrina sociale che è punto di riferimento costante dell’azione della Santa Sede in ambito internazionale. Ma scorrendo i diversi paragrafi, emerge via via il piano più profondo ed esteso, che attraversa – come un basso continuo – l’intero testo.
A fondamento della sua disamina Francesco pone infatti la questione antropologica e anzi, quasi al termine del proprio intervento, la qualifica come la crisi forse più grave: «La crisi dei rapporti umani, espressione di una generale crisi antropologica, che riguarda la concezione stessa della persona umana e la sua dignità trascendente».
Viene da pensare, in sostanza al Salmo 8 e alla sua domanda valida per ogni tempo: «Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?». Anche a questa domanda il Pontefice risponde con il discorso di ieri, che è riflesso di quella «antropologia di Fratelli tutti » che sta dispiegando con il suo pontificato e di cui c’è ampia eco anche nelle espressioni rivolte agli ambasciatori. Tutte le crisi evocate – crisi sanitaria, ambientale, economica e sociale, crisi educativa e della politica – pongono ai singoli, ai corpi intermedi, ai governanti e alle organizzazioni internazionali la stessa ineludibile domanda.
Chi è l’uomo? C’è tutta la differenza del mondo fra chi lo considera un fratello e chi al contrario un nemico (Francesco ha posto questa drammatica alternativa anche di recente nella Giornata mondiale della fratellanza umana); fra chi organizza la sanità prendendosi cura di ogni malato (a prescindere dal censo) e chi sfoggia invece l’indifferenza del sacerdote e del levita nella parabola del Buon Samaritano; tra chi si preoccupa delle nuove generazioni e chi invece si rinchiude nel muro del proprio individualismo che impedisce anche il dialogo intergenerazionale; tra chi mette l’economia a servizio dell’uomo e chi invece agisce in base al principio dello sfruttamento e dello scarto sia delle persone come delle risorse naturali; tra chi si preoccupa della casa comune Terra e chi invece continua a operare senza prestare il minimo ascolto al sempre più forte campanello d’allarme dei cambiamenti climatici; e tra chi usa la politica per ricercare soluzioni condivise in vista del bene comune e chi esaspera le contrapposizioni per il proprio tornaconto personale o di partito.
Sì, c’è tutta la differenza del mondo, perché opposta è per gli uni e per gli altri la visione dell’uomo. In questo senso l’«antropologia di Fratelli tutti » è quella che partendo dalla visione trascendente della persona umana (siamo fratelli perché figli dell’unico Padre) chiede che i progressi scientifici (vaccini, cure e medicine) vadano a beneficio di tutta l’umanità; che si prestino cure anche alle malattie della Madre Terra (il clima, appunto, ma non solo); che si metta in atto una nuova rivoluzione copernicana nell’economia (leggi 'solidarietà' o 'economia del dono' di cui già parlava Benedetto XVI); che la politica e la democrazia tornino a essere dialogo inclusivo, pacifico, costruttivo e rispettoso tra tutte le componenti della società; che si valorizzi la famiglia e si affronti con risolutezza quella che con espressione forte il Papa ha chiamato la «catastrofe educativa», perché l’educazione è il naturale antidoto alla cultura individualista al culto dell’io e al primato dell’indifferenza.
È in nome di questa antropologia che Francesco ha chiesto ieri ai rappresentanti delle Nazioni di sintetizzare un 'vaccino' altrettanto necessario quanto quello anti-Covid. Un 'farmaco', ha sottolineato, i cui principi attivi sono la «fraternità» e la «speranza». Medicine di cui oggi il mondo ha assoluto bisogno.