Mayer Riccardo
Diceva Thomas Fuller che non conosceremo mai il valore dell’acqua fino a quando non si prosciugherà il pozzo da cui beviamo. In troppi anche oggi danno per scontato questo bene comune essenziale, quando invece scontato non lo è affatto. L’acqua riveste più del 70% della superficie terrestre ed è l’autentico carburante della vita. La scarsità d’acqua è uno dei principali problemi di sviluppo della nostra epoca e la fragilità delle risorse idriche spesso in alcuni luoghi non è immediatamente percepibile. Ma ben 2,4 miliardi di persone vivono in Paesi con stress idrico. La nostra terra viene chiamata anche “pianeta blu” ma solo il 2,5% della sua acqua è potabile e grandi sono i problemi di equità nel suo utilizzo.
Abbiamo sempre meno acqua per dissetarci, coltivare prodotti alimentari, produrre ciò di cui abbiamo bisogno e sostenere gli ecosistemi. Circa tre quarti di tutta l’acqua potabile è utilizzata in agricoltura, una cifra molto impegnativa. Al tempo stesso, proprio l’agricoltura rischia di essere il settore più a rischio in assenza di interventi per gestire meglio i sistemi idrici. Si stima che senza interventi migliorativi entro il 2050 saremo costretti a incrementare di oltre un terzo il suo consumo per le produzioni agricole. Rischia sul serio di non essere sostenibile. Le soluzioni per produrre meglio consumando meno acqua ci sono e vanno ampliate rapidamente in ogni contesto, tanto verso i Paesi più fragili quanto verso quelli che consumano e sprecano di più. Riflettiamo su questo dato: negli ultimi vent’anni ogni persona ha perso circa un quinto dell’acqua potabile a sua disposizione. In alcune regioni del pianeta questa soglia è arrivata addirittura a un terzo. La curva demografica mondiale, i fenomeni legati all’iper urbanizzazione di alcune aree del pianeta, la crisi climatica stanno mettendo a dura prova proprio le risorse idriche a nostra disposizione. Gli effetti nefasti delle poli-crisi in atto si vedono purtroppo molto bene proprio sull’acqua: a conti fatti oltre l’80% delle acque reflue è rilasciato nell’ambiente circostante senza essere trattato. Si tratta di una cifra impressionante.
Gli effetti di questa situazione si riflettono immediatamente sulle popolazioni più fragili e su quei 600 milioni di persone e migliaia di comunità che dipendono dalla pesca a ogni latitudine. È chiaro che, così come per le crisi alimentari, anche le crisi idriche colpiscono persone diverse con modalità diverse. Ma la costante è sempre legata agli effetti devastanti di queste criticità su popolazioni rurali già vulnerabili in contesti a basso reddito dove purtroppo sono sempre le donne e i bambini a essere i primi a soffrire. La relazione tra scarsità d’acqua e conflitti è più stringente di quanto si possa pensare. La storia purtroppo è zeppa di guerre dell’acqua che per anni hanno coinvolto interi territori e comunità, scontratesi proprio per il possesso e la gestione di questa risorsa essenziale. L’acqua è stata, è oggi e sarà sempre di più anche una grande questione geopolitica che coinvolgerà Stati e nazioni, interessi pubblici e privati, strumenti regolatori generali e scelte locali.
Una delle questioni più delicate ancora aperte è certamente legata al bisogno di definire sempre meglio quadri regolatori esigibili per affermare diritti e responsabilità su un bene così importante. Ciò è tanto più vero di fronte alla crisi climatica che esaspera le criticità e aumenta gli impatti dei fenomeni meteorologici estremi con più del 70% delle catastrofi naturali legate all’acqua. Dal 2000 gli eventi calamitosi legati alle alluvioni, ad esempio, sono raddoppiati e la durata della siccità è cresciuta di circa un terzo globalmente. Dobbiamo assolutamente concentrare i nostri sforzi sulle soluzioni. In molte parti del mondo è essenziale intensificare gli sforzi di partenariato tra governi, autorità scientifiche e comunità locali per rafforzare le azioni di buona gestione e trasparenza delle scelte. Occorrono strategie nazionali e locali basate su dati scientifici e su investimenti per l’innovazione per pianificare e gestire le risorse idriche in modo equo. Un aspetto certamente centrale è quello dell’implementazione diffusa delle nuove tecniche per l’incremento della produzione agroalimentare usando meno acqua. I maggiori investimenti dovrebbero essere concentrati sui sistemi di irrigazione sostenibile, sui processi di depurazione e riciclo delle acque reflue, sui sistemi di economia circolare integrata, sull’aumento delle scorte. Sulle infrastrutture come le dighe e i sistemi irrigui. Aumentare la produttività dell’agricoltura alimentata da acque piovane risulta allo stesso modo decisivo: lavori condotti in Kenya, Burkina Faso, Niger e Tanzania hanno mostrato che la raccolta delle acque piovane può incrementare la resa di duetre volte rispetto alla media tradizionale su terreni aridi. Incentivare i sistemi di irrigazione localizzata come quella per gocciolamento e quella sotterranea è altrettanto fondamentale.
In questo quadro, gli agricoltori non sono spettatori passivi. Possono e devono essere messi nelle condizioni di giocare un positivo ruolo attivo perché molto spesso sono proprio loro i primi agenti della gestione delle risorse idriche, e dotare loro di strumenti corretti è decisivo. Occorre aiutarli con quadri regolatori chiari, tecnologie, dati e formazione, facendoli partecipare alle fasi di pianificazione e decisione. Disciplinare i regimi di proprietà sull’acqua è un aspetto decisivo anche per garantire la pace. Spesso la sua scarsità scatena conflitti, non sempre le popolazioni sono disposte a condividere soprattutto in regime di scarsità. In particolare nelle zone rurali e tra le popolazioni indigene si fa ricorso a norme consuetudinarie piuttosto che a norme giuridiche e appare cruciale favorire soluzioni utili di compromesso.
Il Dialogo globale multilaterale sul possesso idrico promosso dalla Fao tra il 2022 e il 2026 prevede che gli Stati membri lavorino sui princìpi di gestione responsabile delle risorse idriche per promuovere cooperazione garantendo a tutti l’accesso sicuro all’acqua e le esigenze degli ecosistemi. La Fao è impegnata a implementare azioni in territori complessi. Tra il 2021 e il 2023 ad esempio in Siria la Fao ha ripristinato i sistemi irrigui su 80mila ettari di terreni a beneficio di circa 500mila famiglie contadine. In Africa, nei Caraibi, nel Pacifico stiamo collaborando con dieci Paesi per rafforzare il settore ittico migliorando le catene del valore per i piccoli pescatori. In Salvador aiutiamo a ripristinare le risorse idriche anche ripiantumando alberi autoctoni che favoriscono la ritenzione idrica nel suolo su circa 17mila ettari. Con l’Iniziativa “Un milione di cisterne per il Sahel” siamo impegnati a potenziare i sistemi di raccolta e stoccaggio. In Laos lavoriamo con i risicoltori per reintrodurre la pratica della piscicoltura in risaia: integrando l’allevamento di pesci nei loro campi gli agricoltori ottimizzano al massimo le risaie e possono tenere sotto controllo i parassiti, migliorando la biodiversità locale. A livello globale, stiamo implementando WaPor il portale che sfruttando le tecnologie satellitari consente di calcolare i consumi e le quantità di prelievi delle acque sotterranee misurando quasi in tempo reale l’evapotraspirazione, ossia la quantità di acqua usata nel ciclo di vita delle coltivazioni. Tutto ciò per monitorare la produttività idrica e individuare le aree in cui poter ridurre gli sprechi.
Come purtroppo sappiamo, anche l’Italia ha molto da lavorare su questo fronte. Siamo tra i Paesi con maggiori disponibilità d’acqua, ma siamo anche un Paese che spreca e disperde molta, troppa, acqua. Buttiamo quasi la metà dell’acqua potabile a nostra disposizione e per questo occorrono investimenti urgenti ed efficaci per ridurre le importanti perdite delle nostre reti idriche: è stato calcolato che ogni giorno buttiamo qualcosa come 157 litri per abitante, pari al fabbisogno idrico annuale di ben 43 milioni di persone. Sono numeri impressionanti su cui occorre agire per dare valore e garantire davvero la cura di questo bene comune inestimabile per la vita.
Direttore generale aggiunto Fao
(3 - continua)