L’eccesso di omologazione nei processi economici, così come l’esaltazione della mano invisibile, hanno aggravato le ingiustizie sociali. Invece investire sulla pluralità di risorse economiche e sociali, a partire dalle imprese cooperative fino ai modelli dell’economia civile, fa crescere equità e giustizia. Se guardiamo alla finanza (la cui etimologia, finis, nasce dall’idea di reperire risorse per realizzare un fine) ci accorgiamo che la globalizzazione ha creato, nell’azione finanziaria, una sorta di anonimato indifferenziato che riduce le responsabilità individuali. Nel campo del lavoro la ricerca dell’uguaglianza si è trasformata nell’imposizione dell’uniformità nei contratti di lavoro e nella rinuncia alle differenze.
Anche nella scuola, in nome dell’uguaglianza, si soffoca il pluralismo scolastico e la libertà educativa delle famiglie. Si dimentica che scuola pubblica non significa solo scuola statale. Si uniformano i percorsi educativi, si sottovaluta l’importanza della formazione professionale e si rinuncia alle specializzazioni tecniche. Molti padri tentano di scimmiottare i figli illudendosi di eliminare le differenze intergenerazionali. Infine, se guardiamo alla famiglia, ci accorgiamo che per promuovere l’uguaglianza tra uomo e donna, si tende a cancellare la differenza sessuale. «Meno disuguaglianze, più differenze».
È questo il tema della terza edizione del Festival DSC (Verona 21-24 novembre), aperta dal videomessaggio di Papa Francesco, un messaggio di un’empatia disarmante, in cui si coglie il paradigma delle modalità più efficaci per trasmettere in modo non ingessato da formalismi e dogmatismi il patrimonio vivo della dottrina sociale della Chiesa. Papa Francesco ha parlato di suo padre, che lo ha introdotto alla scoperta dei valori della solidarietà e del cooperativismo
La voce del padre è sempre performativa: non si trasmette la DSC come un discorso teorico, ma attraverso un’esperienza esistenziale. La parola del padre, accolta e rivisitata, genera nuove energie che fanno diventare la DSC una grande miniera di speranza. La testimonianza di un padre per trasmettere il senso di una solidarietà efficace: un dono in piena gratuità che esalta e non mortifica la dignità dell’uomo. Che fa dell’economia e delle sue leggi uno strumento e non un fine. Perché la DSC è un patrimonio per orientare le persone a stare dentro il mercato. Conservandole libere.
È ancora il Papa che ci ricorda come la DSC contiene al suo interno una mistica: farsi carico delle fragilità e delle distorsioni sociali ed evitare di abolire dal linguaggio corrente la parola solidarietà. Solidarietà per arrivare alle periferie esistenziali dell’uomo. La solidarietà non è il velo fragile che difende i moralisti, ma il mantello caldo di cui san Francesco si priva, per proteggere il povero dal freddo. Per questo a Verona la dottrina sociale della Chiesa scende in piazza. E rivendica il suo diritto di dare un segnale di speranza alla nostra società. La DSC esce dal chiuso delle stanze degli addetti ai lavori, e riacquisisce il suo originario aspetto popolare. Perché la dottrina sociale della Chiesa è di tutti. Non esclude. Non si impone. Ma si propone in modo laico: con la forza della testimonianza e delle opere.