domenica 21 giugno 2015
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«Convertitevi e credete nel Vangelo»: è una delle parole più antiche di Gesù, forse la più antica. Marco la mette all’inizio del suo resoconto, al versetto 15 del primo capitolo, come se avesse fretta. Anzi, no: ha fretta davvero, perché «il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino», recita il resto del versetto. Convertitevi, dunque. Pentitevi dei vostri peccati, fate ammenda delle vostre azioni, purificate il vostro cuore. Parole antiche, parole di sempre. Le abbiamo ascoltate molte volte, forse lasciando che l’abitudine ne offuscasse la bellezza. Oppure, peggio ancora, accontentandoci della sola bellezza, senza riconoscere la forza e l’urgenza di quell’appello.Repent, "péntiti", hanno ripetuto venerdì i parenti delle vittime a Dylann Roof, il responsabile della strage di Charleston, in South Carolina. Non contenti, hanno invocato sull’assassino la benedizione di Dio, perché anche questo c’è nella Bibbia, e proprio all’inizio. Genesi, capitolo 4, ancora il versetto 15, stranamente: Dio impone un segno su Caino, in modo da impedire che qualcuno alzi la mano su di lui.La dinamica dei fatti è nota. Dylann si presenta alla lezione sulla Bibbia che si tiene presso la "Mother Emanuel", storica congregazione metodista episcopale della comunità afroamericana. Estrae la pistola, spara, uccide nove persone. Tutti neri perché lui, bianco, è convinto che i neri siano il problema. Dylann ha 21 anni e nel video dell’interrogatorio mostra uno sguardo stranito mentre risponde che sì, è lui ed è disoccupato. Non cambia espressione neppure quando, filtrate dallo schermo, iniziano ad arrivargli le voci dei superstiti. Nadine Collier, che nella sparatoria ha perso la madre Ethel, gli rimprovera di averle sottratto «qualcosa di veramente prezioso», ma poi aggiunge: «Ti perdono, possa la misericordia scendere nella tua anima». E così Felicia Sanders, madre del ventiseienne Tywanza, caduto nell’inutile tentativo di salvare una zia. «Ogni fibra del mio corpo mi fa male, la mia vita non sarà mai più la stessa», si lamenta. Ma conclude: «Che Dio abbia pietà di te».Pietà, misericordia. In inglese stanno insieme nella stessa parola, mercy, che nella Strada di Cormac McCarthy il padre affida come un talismano al figlio moribondo. Il romanzo è ambientato in un mondo immaginario in tutto, salvo che nell’ostilità che divide gli uomini tra loro. Il padre ha provato a difendere il bambino, non ce l’ha fatta, ma adesso gli dice di non preoccuparsi, perché mercy will come, la misericordia gli verrà incontro. Ma non bisogna andare tanto lontano, né rifugiarsi nella letteratura per ritrovare l’eco delle dichiarazioni di Charleston. Risalire un po’ indietro nel tempo, piuttosto. Palermo, 25 maggio 1992, funerale delle vittime della strage di Capaci: Rosaria, la vedova dell’agente Vito Schifani, che si rivolge agli uomini della mafia. «Io vi perdono – dice – ma dovete mettervi in ginocchio». Pentitevi. Repent. Non è possibile, in questo momento, sapere se Dylann Roof ascolterà l’invito. Se riuscirà a salvare la sua vita, dopo aver perduto quella degli altri. Nikki R. Haley, governatrice del South Carolina, ha già invocato su di lui la pena di morte, che per molti – negli Stati Uniti e altrove – resta purtroppo il sistema più rapido per allontanare il male da sé evitando di misurarsi con il mistero che nel male stesso si annida. Impossibile sapere che ne sarà dell’assassino, dunque. Ma che cosa è accaduto ai parenti delle vittime lo sappiamo già: hanno perdonato. Ed è quest’opera silenziosa che cambia il mondo, prepara la venuta del regno, dispone a perseverare nell’attesa. A occhi aperti, anche davanti al male.
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