C'era una volta la quarta settimana, quando lo stipendio bastava per arrivare a fine mese. Poi fu l'epoca della terza, quando i morsi della crisi si facevano sentire in un numero crescente di famiglie. Oggi molti fanno fatica già alla seconda. Ma c'è chi le settimane neppure le conta, perché ogni giorno è uguale, ogni giorno è una battaglia per la sopravvivenza, per pagare l'affitto di casa e le bollette, e perfino per mangiare. Sono tanti, i poveri, e stanno aumentando. A loro è dedicata la Giornata nazionale della Colletta alimentare che si tiene oggi davanti a 7.500 supermercati. Ed è per loro che durante tutto l'anno il Banco alimentare raccoglie le eccedenze di viveri prossimi alla scadenza che vengono offerte dalle aziende e finiscono sulle mense dei poveri o nei "pacchi" portati a casa delle famiglie che non arrivano a fine mese. Sono tanti, i volti del povero: il clochard, l'immigrato, il carcerato uscito di prigione e rimasto ai margini della società, il disoccupato, la moglie piantata dal marito (o viceversa), l'anziano che stenta a campare con la pensione sociale. La durezza del momento colpisce strati crescenti del Paese, la solitudine e la fragilità dei legami familiari e sociali rendono le persone ancora più deboli. Viviamo tempi difficili. Tempi nei quali l'estraneità e la paura possono facilmente prendere il sopravvento, facendoci dimenticare chi siamo: uomini, creature fatte per con-vivere, non per chiudersi ciascuna nella propria tana come fossimo animali. Quello che ci viene proposto oggi è un gesto semplice: fare la spesa, una piccola spesa, per chi ha meno di noi. Un gesto di condivisione, nato dalla tradizione cristiana che da sempre lo chiama carità e che equivale ad accendere una luce nel buio del presente, a offrire una mano che sostenga la quotidiana fatica del vivere. C'è chi si vergogna ad usare una parola poco trendy come carità. Eppure, scrive Benedetto XVI nella sua enciclica dedicata all'argomento, «la carità sarà sempre necessaria, anche nella società più giusta. Non c'è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell'amore. Chi vuole sbarazzarsi dell'amore si dispone a sbarazzarsi dell'uomo in quanto uomo» Oggi centomila volontari ci offrono un sacchetto di plastica in cui siamo invitati a mettere una scatola di fagioli, un pacco di pasta, una confezione di zucchero, una bottiglia d'olio. Quei centomila sono l'icona di un'Italia che non si arrende, che non rinuncia a sperare e a far sperare, che non cede alla tentazione di fermarsi al lamento e alla protesta, perché mossa da un'instancabile voglia di costruire, dal desiderio inesausto di affermare la positività dell'esistenza. Gente che vuole condividere i bisogni degli altri per condividere con loro il senso della vita. Gente che vent'anni fa ha cominciato per un impeto di umanità, e che si è trovata da subito in una situazione tragicomica: il direttore della Fondazione Banco alimentare, Marco Lucchini, ricorda che la prima "eccedenza alimentare" che venne donata, nel 1989, fu una fornitura di Fernet Branca: non avevano ancora dato da mangiare a un povero e si trovavano a distribuire un digestivo" Va bene lo stesso, si dissero, partiamo da quello che manda la Provvidenza, il resto arriverà. E il resto è arrivato, fino alle novemila tonnellate di generi alimentari raccolte nell'edizione 2007 della Colletta grazie alle offerte di 5 milioni di italiani, destinati a 8.500 enti che ogni giorno assistono un milione e mezzo di poveri. Un piccolo-grande impero della carità, costruito a partire dallo sguardo d'amore che ognuno di noi è capace di dare. Lo stesso sguardo che duemila anni fa Gesù rivolgeva a chiunque lo incontrava. Di quello sguardo, abbiamo tutti bisogno.