Alla fine il pacchetto giustizia è approdato ed è stato varato tutto intero al Consiglio dei ministri di ieri. Non è poco, considerando il clima delle ultime ore e i malumori interni alla maggioranza, soprattutto per quanto riguarda il settore penale. E in particolare per i provvedimenti che trattano questa materia, più che per il processo civile, la strada da compiere è ancora lunga e, di certo, non priva di difficoltà. In ogni caso, è un buon inizio. "Passo dopo passo", non per niente, è lo slogan che Palazzo Chigi ha scelto per i suoi ormai famosi mille giorni. Se poi, al raggiungimento dell’orizzonte temporale che Matteo Renzi ha fissato per far "ripartire l’Italia", il Parlamento avrà licenziato le nuove norme su intercettazioni, responsabilità civile dei giudici, prescrizione, reati economici, magistratura onoraria, ordinamento penitenziario e fine rieducativo della pena, be’, allora potremo davvero affermare che finalmente in questo Paese qualcosa è cambiato.Non che non ci siano attualmente emergenze perfino maggiori (la politica economica e industriale, il fisco, il mercato del lavoro...). Però la giustizia penale è stata in Italia l’argomento più divisivo dell’ultimo ventennio, ovviamente dopo il calcio. Forse l’errore del presidente del Consiglio è stato proprio questo: aver pensato (o dato l’idea di pensare) di poter scavalcare in scioltezza un ostacolo così difficile. Addirittura, aveva annunciato che avrebbe sbrigato la pratica entro giugno... Eppure siamo testimoni della consapevolezza e della cautela con la quale il ministro Andrea Orlando ha affrontato il compito, cercando tra l’altro di fare tesoro delle conclusioni della varie commissioni tecniche che negli anni si sono insediate a Via Arenula.
Come si poteva pensare che un intervento di tale portata su questioni che nel passato, anche recente, hanno suscitato (una alla volta, neanche tutte insieme...) polemiche roventi, scioperi della magistratura, plenum straordinari del Csm e così via, non provocasse la minima obiezione a livello politico? Per di più all’interno di un governo di coalizione, in cui il maggiore alleato del Pd è un partito (il Ncd) nato dalla scissione del Pdl di Silvio Berlusconi.Attenzione, però: proprio questo, che appare indubbiamente come un limite, può diventare un’opportunità. Già, perché una riforma così importante portata a casa in questa legislatura sarebbe difficilmente rinnegabile domani, quando (presumibilmente) avremo un governo soltanto di centrosinistra o soltanto di centrodestra. Diverrebbe una riforma strutturale e non precaria o dimezzata, come le altre che si sono succedute. Non parziale e nemmeno di parte. Soprattutto se, almeno su qualche punto, Renzi riuscirà a strappare anche il consenso di Forza Italia. Per esempio sul principio di conciliare la libertà di stampa con il diritto alla riservatezza, contenuto nel ddl delega in materia di intercettazioni. O sul provvedimento che riforma la responsabilità civile affinché i magistrati, pur restando autonomi e indipendenti come la Costituzione stabilisce, paghino davvero per le loro eventuali negligenze gravi.Un consenso, quello "azzurro", che allo stato non c’è ma che, paradossalmente, ieri su Twitter qualcuno già rimproverava al premier. Insomma, il pericolo del riemergere di vecchi vizi (già intravisto per la verità nella maretta andata in scena nei due giorni precedenti il Consiglio dei ministri) è sempre in agguato. Ed è il pericolo maggiore, quello da evitare a tutti i costi. Si è detto e scritto, per esempio, che l’esclusione dai procedimenti in corso della sospensione della prescrizione in appello e in Cassazione tornerebbe utile a imputati famosi. Il solito Berlusconi, manco a dirlo, ma anche altri politici.Non sappiamo se sia così o no. Sappiamo però che così non si va da nessuna parte. Di nuovo. Anzi, per l’ennesima volta. E sappiamo che forse (forse) l’epoca dello scontro permanente politico-giudiziario e delle leggi ad o contra personam potrebbe, finalmente, essere dichiarata chiusa. Ma per farlo servono determinazione e onestà intellettuale. Serve il coraggio di valutare le norme in base alla loro effettiva utilità, per tutti i cittadini e per l’amministrazione della giustizia, infischiandosene del fatto che nell’immediato potrebbero favorire o danneggiare questo o quell’altro. Non si getta via il bambino con l’acqua sporca. È antica saggezza popolare. Buon giudizio. Merce rara, qui da noi, da troppo tempo.