Ha senso mantenere una missione dell’Unione europea in Africa quando solo il 3% del budget della missione stessa è speso per lo scopo specifico che dovrebbe realizzare? Ha senso finanziare per due anni 50 persone che non hanno le capacità, la volontà o i mezzi per lavorare? E fornire una formazione teorica alle forze locali senza che queste abbiano l’equipaggiamento adatto per riprodurre nella pratica ciò che hanno imparato? Secondo il Consiglio europeo, sì. Con uno stanziamento di 8,7 milioni di euro l’anno, per un mandato iniziale di due anni, la missione Eucap-Sahel con base a Niamey, in Niger, avrebbe dovuto avere come obiettivo «migliorare le capacità delle autorità del Paese nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata». I vertici della Commissione europea, contattati a Bruxelles, non hanno fornito la documentazione riguardo alle modalità di spesa del budget, ma molte fonti interne alla missione hanno affermato che soltanto una piccolissima percentuale dei finanziamenti è stata utilizzata per i progetti in loco. Ufficialmente, circa 480mila euro, il 5.5%, dovevano essere spesi per le operazioni sul campo. «Ma siamo riusciti a impiegarne solo 260mila euro in loco, circa il 3% – afferma un ex membro della missione –, e spesso non sapevamo neanche come utilizzare quei soldi». Tutto il resto è servito a pagare allo staff i salari mensili (tra i 6 e i 20mila euro), le abitazioni, i Suv 4x4 (alcuni arrivati con gli pneumatici da neve, poiché spediti da un’altra missione in Kosovo), e tutte le altre spese correlate di un "carrozzone" sostenuto con le tasse dei cittadini Ue. L’apparente riluttanza da parte di Bruxelles nel fornire i dettagli del budget sembra confermare il carattere controverso della missione Eucap-Sahel.
Una missione civile (sebbene vi sia anche coinvolto personale militare), giudicata "fallita" fin dall’inizio quando, nell’agosto 2012, un gruppo di quattro persone si installò in un albergo di Niamey per cominciare da zero: «Per i primi tre mesi eravamo al Grand Hotel – spiega il generale Francisco Espinosa, a capo della Eucap-Sahel per i primi 14 mesi –; non solo era il posto sbagliato per lavorare, ma nuoceva anche all’immagine della missione stessa». Poiché Bruxelles aveva mandato il gruppo in Niger senza un dovuto supporto organizzativo, il generale Espinosa ha ammesso di essersi sentito abbandonato. «Prima avrebbero dovuto spedire lo staff della logistica per preparare il terreno – continua l’ex comandante –, ma sono errori da cui possiamo imparare, di modo che nessun’altra missione ripeta la nostra esperienza». Errori di cui però alcuni hanno approfittato, fino ad essere allontanati per motivi che devono rimanere "segreti": «Non ci è permesso parlare delle ragioni che stanno dietro le sanzioni contro membri del nostro gruppo – ci dice Espinosa –, non tutti hanno il diritto di sapere». L’organizzazione della Eucap-Sahel aveva solo tre persone per i primi sei mesi, e a due di queste non è stato rinnovato il contratto per ragioni di negligenza. Sebbene la missione non abbia voluto fornire ulteriori dettagli, diverse fonti hanno confermato che le irregolarità riguardavano casi di «indisciplina» e una gestione del budget «non conforme alle procedure europee». Il vero punto dolente è però relativo alla formazione rivolta alle autorità locali, che è brevissima.Ad Agadez, la regione settentrionale più a rischio, si è tenuto unicamente un corso di qualche ora per 40 agenti della polizia municipale. Lo stesso lavoro poteva essere fatto da esperti che, invece di vivere mesi a Niamey, sarebbero potuti arrivare per la sola durata del corso. «Dopo diverso tempo, un nuovo revisore contabile è arrivato da Bruxelles per controllare il bilancio – conferma un’altra fonte interna alla Eucap-Sahel –, gli abusi del suo collega erano talmente gravi che è stato ufficiosamente richiesto l’intervento dell’Olaf».
L’Olaf, l’organismo anti-frode della Ue, non è mai intervenuto in Niger poiché non ne ha i mezzi ed è stato bloccato dai vertici della missione con la tacita e discreta approvazione di Bruxelles. «Si tende a risolvere tali problematiche all’interno delle missioni, per non compromettere la nostra reputazione», sostengono in molti. Anche il reclutamento dello staff è stato messo in discussione negli uffici di Niamey e di Bruxelles, non solo per la scarsa preparazione di tanti partecipanti, ma anche per l’influenza francese e belga, nettamente superiore a quella degli altri 8 Paesi finanziatori (l’utilizzo di personale che ha il francese come lingua madre non è considerata una giustificazione valida). Alcuni esponenti della delegazione europea in Niger hanno affermato di non essere per niente soddisfatti dell’azione svolta. La radice dei problemi di Eucap-Sahel è a monte: «Il Servizio d’azione esterno della Ue (Eeas) è sempre in conflitto con la Commissione – spiega un ex membro della missione –, e l’Eeas, purtroppo, dipende in gran parte dai finanziamenti della Commissione». Una conferma di tali dissidi tra le due istituzioni è il progetto "Terrorismo e criminalità organizzata nel Sahel" (CT-Sahel), con base anch’esso a Niamey: «Il Ct-Sahel svolge praticamente le stesse funzioni della Eucap-Sahel – continua la fonte –, ma è molto più organizzato poiché direttamente finanziato dalla Commissione europea».
Secondo alcuni analisti, la Eucap-Sahel sarebbe stata pensata dalla Francia fin dal 2010 come mezzo per «contrastare la pressione degli investimenti asiatici nelle ex colonie di Parigi nel continente e salvaguardarne gli interessi nucleari». In novembre è cominciato il secondo anno della missione e, dopo mesi di ricerca, è stato scelto martedì scorso come comandante ad interim il belga Filip de Ceuninck, già vice di Espinosa. «Non solo nessuno vuole venire in Niger – spiega uno degli intervistati –, ma vi sono stati litigi tra Francia, Spagna, Gran Bretagna e Belgio, che non riuscivano ad accordarsi sulla nazionalità del comandante». Molti membri se ne sono andati perché avevano guadagnato abbastanza o perché frustrati dall’inutilità della missione: «Avevo un’idea politica molto europeista prima di far parte di Eucap-Sahel – commenta un ex membro italiano che, con altri nostri connazionali, ha dato le dimissioni in poco tempo – ora, da cittadino contribuente, vedo tutto con un’ottica diversa». «Abbiamo fatto solo il 5% di quello che potevamo fare», assicura invece un altro membro, tuttora presente a Niamey. Espinosa, che era approdato in Niger come colonnello, è tornato nella Guardia civile spagnola con il grado di generale. «Una nomina datagli come premio per aver passato quest’ultimo anno a capo di una pessima missione e con un salario di almeno 25mila euro al mese», sono i commenti acidi dei suo ex colleghi. Sebbene concentrata in Niger, la Eucap-Sahel avrebbe una dimensione regionale che comprende anche Mali e Mauritania. Il Mali ha accettato l’estensione nel suo territorio solo in aprile, mentre la Mauritania, poiché è a conoscenza dell’inefficacia della missione, sembra riluttante a richiederne l’intervento. Ma qualora anche la Mauritania accettasse l’Eucap-Sahel, il contribuente europeo avrebbe diritto a sapere come vengono spesi i suoi soldi? Apparentemente, ciò sembra restare assai difficile.