Esattamente dieci anni fa Giovanni Paolo II nel proclamare beato il sacerdote monzese Luigi Talamoni lo ricordò citando Achille Ratti (poi Papa Pio XI) che ne fu illustre allievo: «Per santità di vita, luce di scienza, grandezza di cuore, perizia di magistero, ardore di apostolato, per civiche benemerenze onore di Monza, gemma del clero ambrosiano, guida e padre di anime senza numero». A Monza queste parole sono riportate sulla lapide che lo ricorda nella piazzetta Santa Margherita. Sono espressioni che oggi suonano un po’ stucchevoli, ma se guardiamo la vita di Talamoni ci sorprende scoprirne l’attualità alla luce di quanto Papa Francesco scrive nell’esortazione apostolica
Evangelii gaudium.La vita di Talamoni dice che la santità non è una caratteristica di super-uomini ma di uomini-veri. In un periodo drammatico sia per la società che per la Chiesa Talamoni non è fuggito davanti ai problemi ma si è fatto discepolo e maestro di misericordia. Leggiamo nella
Evangelii gaudium: «La salvezza che Dio ci offre è opera della sua misericordia. Non esiste azione umana, per buona che possa essere, che ci faccia meritare un dono così grande. Dio, per pura grazia, ci attrae per unirci a Sé». Con questa consapevolezza Luigi Talamoni ha guardato al bene dell’uomo testimoniando che la salvezza dell’anima coincide con la salvezza di tutta la persona nella condizione in cui si trova. Per questo Achille Ratti ha potuto dire di lui che è stato «guida e padre di anime senza numero». Solo i distratti non si sono accorti di quanto è accaduto nel caso di Eluana Englaro, 5 anni fa. Non è stata una coincidenza che nella «Casa di cura beato Luigi Talamoni» a Lecco (tenuta dalla congregazione delle suore Misericordine da lui fondata insieme a Maria Biffi Levati) Eluana sia stata amata e accudita giorno e notte per quasi 15 anni, fino a quando fu portata a Udine per essere lasciata morire. In quell’occasione le suore Misericordine testimoniarono quanto la vita umana sia sacra e inviolabile corrispondendo con semplicità al carisma del fondatore che nel testamento spirituale disse loro: «Non fate nulla di straordinario, coltivate molto la pietà, la carità, l’umiltà. Soprattutto abbiate sempre un grande spirito di sacrificio». Luigi Talamoni ha vissuto le cose ordinarie in modo straordinario guardando le piccole questioni quotidiane e i grandi problemi sociali del suo tempo con lo stesso amorevole sguardo. La sua grande cultura, «luce di scienza e perizia di magistero», riconosciuta anche dai detrattori, lo poneva tra gli uomini più colti del suo tempo. Con il suo «ardore di apostolato» non rinunciò a custodire i punti fermi dottrinali e morali difendendo i valori che il cristianesimo ha portato nella società civile. Con umiltà, in un contesto di incomprensioni anche dentro la Chiesa, ha insegnato che obbedire alla verità non significa affermare un’ideologia ma amare la persona di Gesù. Dal pulpito, dalla cattedra, nel confessionale, visitando carcerati, malati e morenti, intervenendo nel consiglio comunale di Monza, anticipò ciò che Papa Francesco oggi invoca: «Mi piacerebbe dire a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, a quelli che sono timorosi e agli indifferenti: il Signore chiama anche te a essere parte del suo popolo, e lo fa con grande rispetto e amore». Il bene non lo ha dichiarato in astratti umanitarismi ma l’ha fatto aiutando poveri di ogni genere e comunicando loro la sua fede. «Noi – diceva –, pur non vedendolo passare, sappiamo che Gesù risorto è vivo, cammina davanti a noi; e sappiamo dove sta di casa». Per questo ha potuto dire: «La Chiesa è tutto per il popolo». Tutto, perché nella storia la Chiesa ha il compito di fare compagnia a ogni uomo, fino alla fine del tempo.