giovedì 5 settembre 2019
Una vibrante rivendicazione e un piccolo equivoco in una lettera che consente di tornare su un punto fondamentale: bisogna fare tesoro della forza dei maestri
Particolare dell'Autoritratto di Leonardo da Vinci

Particolare dell'Autoritratto di Leonardo da Vinci

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Caro direttore,

contando sulla sua gentilezza, vorrei rispondere a Gianfranco Marcelli, il cui articolo è apparso su 'Avvenire' del 16 luglio 2019. Sempre d’accordo per ricordare personaggi storici che hanno illuminato la nostra civiltà, ma proporre di unire alle celebrazioni leonardesche, quelle di due pittori olandesi Bruegel e Rembrandt, giganti nella pittura, non mi convince. Le loro storie sono così dissimili... L’idea mi ha divertito, poiché mentre si esalta il genio pittorico dei due olandesi, di Leonardo, si riporta quello che la pubblicistica francese ha scritto del franco-italien. Al dottor Marcelli, consiglierei la lettura del diario di viaggio che Leonardo scrisse venendo da Montefeltro diretto a Milano: questo diario è in possesso della Bibliothèque Nationale a Parigi. È la prova evidente che Leonardo non necessitava di nessuna influenza di nessun tipo e a nessun proposito. Ricordo solo che prima di arrivare a Milano, Leonardo disegnò il nuovo porto di Cesenatico, cittadina che ricorda con un Museo del mare, questo nostro incomparabile genio. Grazie dell’ospitalità, i miei saluti più sinceri.

Maria Vittoria Vinsani, Reggio Emilia


Gentile signora Vinsani, come a volte capita, temo di aver dato involontariamente Gluogo a un piccolo equivoco. Nel ringraziarla per la sua attenzione, chiarisco allora che la mia intenzione, nel richiamare la coincidenza fra gli anniversari 'tondi' di Leonardo (500° della morte) e quelli di Bruegel e Rembrandt (rispettivamente 450° e 350° della scomparsa), non era certamente di sminuire la statura incomparabilmente maggiore del nostro genio rispetto a quella dei due pittori fiamminghi. Come del resto avevo chiarito in premessa: «Prima di tutti e al di sopra di tutti c’è senz’altro lui». E su Leonardo non mi sono soffermato proprio per la sua assoluta unicità. Che cosa avrei potuto aggiungere a quanto si sta ricordando, illustrando, riscoprendo, rivisitando un po’ dovunque in Italia (la sua vera e unica patria, con buona pace della definizione «franco-italien» che ho richiamato con una sfumatura ironica forse non abbastanza evidenziata dal punto esclamativo) e in tanti altri Paesi? Ho fatto invece qualche riferimento in più a Bruegel e Rembrandt, i cui anniversari sono meno noti al grande pubblico di casa nostra, per suggerire la loro appartenenza al comune patrimonio culturale europeo. Appartenenza che nel caso di Leonardo è scontata, e non perché egli abbia avuto bisogno di cercare ispirazione o spunti altrove. Infine, ho voluto azzardare - un po’ ingenuamente, lo ammetto - l’ipotesi di una memoria comune, non necessariamente in contemporanea, di tre 'euromaestri'. Non per metterli tutti nello stesso calderone, è ovvio. Il punto che mi preme è quello conclusivo: ma questa benedetta Unione Europea, con le sue istituzioni che promuovono in campo culturale e formativo tante benemerite iniziative (basti pensare a Erasmus), perché non prova in prima persona a valorizzare, senza perdere nessuna buona occasione, anche i figli delle nazioni che le hanno dato vita con tanta fatica, e tanto sangue, tanta visione e tanta grandezza? Nessuno, credo neppure lei, griderebbe all’appropriazione indebita o, peggio, alla scippo. Le ricambio, assieme al direttore, i più cordiali saluti.

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