Oggi, un’altra 'doppia frenesia' è leggibile nell’intrecciarsi di due schemi concettuali rivelatori delle tensioni che percorrono l’Occidente e l’Italia. La prima 'frenesia' è quella di un individualismo autonormativo, le cui pretese di riconoscimento si dilatano inseguendo la costruzione ininterrotta di un soggetto in continua (auto)definizione e, perciò stesso, dissolto. Questa linea porta con sé un assoluto relativismo etico e culturale senza il quale non potrebbe sopravvivere. Un soggetto autocentrato deve concedere agli altri quello che pretende per sé. Lo spazio di questa prima 'frenesia' è particolarmente allarmante nella radicalizzazione delle pretese di denaturalizzazione e nell’uso spregiudicato di tecnologie di artificiale riprogettazione dei corpi.
Da questa prima 'frenesia' scaturisce il nichilismo morale che minaccia di travolgere anche la società italiana, con i risultati distruttivi che sono sotto gli occhi di tutti. La seconda 'frenesia', di segno contrario, ispirata al comunitarismo, si sviluppa in risposta alla necessità di ricomposizione del Paese e delle sue strutture coesive, che l’urto della spinta individualistica tende a polverizzare. In Italia l’avvicendarsi di queste due spinte contrastanti è chiaro: il proliferare di micropartiti sempre più personalistici e improvvisati, è riconducibile – nonostante i forti proclami ideali apparentemente universalizzanti – al prevalere della tensione individualistica, rivelata dall’incapacità di mediazione politica, propria, invece, della dinamica democratica.
A fronte di questa tendenza – e in risposta alla frammentazione visibilmente distruttiva da essa causata – è evidente il riproporsi di forze comunitaristiche e aggregative, che si vanno moltiplicando nella società civile. La sempre maggiore diffusione di gruppi e movimenti e la loro crescente forza contrattuale ne è chiara testimonianza e, come già Tocqueville segnalava, fonte di speranza per la rivitalizzazione di una democrazia in cui la circolarità di apporti e interessi diversi sia garanzia di rappresentatività.
In questo senso, dunque, la seconda 'frenesia', che inizia a segnare la nostra epoca, appare un efficace correttivo della prima. È bene non dimenticare, però, che le correzioni di rotta, per essere efficaci, devono scaturire da solide visioni ideali. L’ideale della vita semplice medioevale si contrapponeva alla spinta al benessere e al lusso dell’epoca imperiale romana perché privilegiava la dimensione escatologica della salvezza: due sistemi di pensiero profondamente diversi tra loro, l’uno consegnato a una visione immanentistica, l’altro incomprensibile fuori da quella della trascendenza. Il formarsi e rafforzarsi di strutture intermedie guidate da spirito 'comunitarista' sullo scenario politico e sociale italiano dà buone speranze circa la possibilità di un progressivo bilanciamento della 'frenesia' individualistica.
Tuttavia, il problema che si pone, è se e in che misura esse siano dotate di un sufficiente bagaglio di idee, tale da contrapporsi al paradigma individualistico in modo sostanziale. Spesso, infatti, è possibile notare che entrambe le tendenze convivono contraddittoriamente in raggruppamenti politici ispirati da modelli collettivistici e sostenitori di politiche idealmente individualistico/nichiliste. Ugualmente, bisogna interrogarsi circa il motivo per cui molti di coloro che invocano progetti culturali coesivi per rilanciare i periclitanti destini d’Europa e d’Italia, non colgano la necessità di fare i conti con quell’umanesimo cristiano senza il quale il nostro continente e il nostro Paese sarebbero terra disanimata e spoglia e che, a tutt’oggi, rappresenta il più forte paradigma unificante contro le forti spinte atomistiche di cui si avverte tutto il potere dissolutivo.