I potenti del mondo vengono in Italia. Si troveranno in un luogo colpito dalla catastrofe. Dalla morte. Il Papa nella sua lettera inviata ieri al premier Berlusconi per l’occasione li invita ad assumersi «responsabilità che non sono venute meno, anzi sono diventate ancora più pressanti ». Con realismo ricorda gli impegni per sconfiggere la povertà entro il 2015, divenuti più ardui per la crisi. E invita a provvedimenti che correggano le distorte «architetture finanziarie», valorizzando la «risorsa umana». I potenti che vengono vedranno, del Paese più bello del mondo, il viso ferito. L’Italia sarà la bellissima ragazza di sempre, ma avrà una cicatrice sul volto, uno sguardo velato. Un’occasione unica. Il potere verrà a contatto con la bellezza ferita. Il più grande potere del mondo nella più bella nazione ferita. C’è un subbuglio che in noi preme. Vorremmo che un’occasione così fosse vissuta in pieno. Che non si censurasse nulla, perché i potenti – ricordiamolo – sono potenti per servire le necessità dei popoli. Se no, sono potenti ridicoli. E odiosi. E vorremmo che l’Aquila rappresentasse in pieno la dignità di una nazione che ha dato e dà al mondo esempi di gusto della vita e di speranza. Che fosse un incontro serio tra il potere, la bellezza e le necessità. Su questo incontro il Papa, rinnovando la stima a chi vi partecipa, chiede, anzi, supplica «l’assistenza di Dio». In questo strano teatro che è l’Italia ancora una volta, infatti, si incontrano le grandi possibilità dell’uomo, la sua sete di bellezza e la sua fragilità. Che il G8 non sia solo occasione di passerelle o di polemiche (due volti dello stesso vizio di poca serietà) dipenderà da chi l’ha voluto e da chi ha accettato l’invito. Per l’Italia è un’occasione unica di proporsi come un posto dove potere, bellezza e necessità non si sentono avversari. Dove, secondo gli insegnamenti dei padri e per serietà di fronte ai nostri figli, il potere è servizio per la speranza di tutti. Trovarsi qui in Italia non è come trovarsi ovunque. Ogni luogo ha una caratteristica. La nostra è quella di 'amare la bella vita' come dicono in ogni parte del mondo. La bella vita. Perché la vita è bella ed è fatta per la bellezza. E nessun terremoto, nessuna morte, e nessuna nostra colpa riescono a negare questa drammatica verità. La prova e il dolore sono un segno anch’essi: negando vita e bellezza ci fanno stare male, ce ne riaffermano la necessità. Siamo fatti per la bellezza. Che non è certo solo una cosa che riguarda il vestire o il mangiar bene. Il cantare o il giocar bene. La bellezza della vita è legata alla coscienza che essa abbia un senso, un destino buono. Un Padre nostro che sei nei cieli... e qui tra chi soffre. I capi delle nazioni avranno un ordine del giorno impegnativo. Benedetto XVI lo ha umilmente, fermamente ricordato. Il mondo guarda a questi appuntamenti. Che uno di essi avvenga in una terra da poco colpita dal dolore centuplica la responsabilità dei partecipanti. L’Italia e l’Aquila si trovano a rappresentare i mille e mille luoghi da dove sale il grido di dolore del mondo. L’Aquila in questi giorni volerà per tutti i cieli dei racconti, da bocca a bocca, e da media a media. Rappresenterà la bellezza e il dolore. La gioia e la responsabilità di essere italiani. La gioia e la responsabilità di essere cittadini del mondo. I soliti corvi e cornacchie ci risparmino inutili strèpiti. Il G8 in questo posto divenuto caro a tutti è un’occasione di grandezza. D’animo e di decisioni. Si guardi l’Aquila, ammirando, tremando.