domenica 5 luglio 2009
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I potenti del mondo vengono in I­talia. Si troveranno in un luogo colpito dalla catastrofe. Dalla morte. Il Papa nella sua lettera inviata ieri al premier Berlusconi per l’occasione li invita ad assumersi «responsabi­lità che non sono venute meno, an­zi sono diventate ancora più pres­santi ». Con realismo ricorda gli im­pegni per sconfiggere la povertà en­tro il 2015, divenuti più ardui per la crisi. E invita a provvedimenti che correggano le distorte «architetture finanziarie», valorizzando la «risor­sa umana». I potenti che vengono vedranno, del Paese più bello del mondo, il viso fe­rito. L’Italia sarà la bellissima ragaz­za di sempre, ma avrà una cicatrice sul volto, uno sguardo velato. Un’oc­casione unica. Il potere verrà a con­tatto con la bellezza ferita. Il più grande potere del mondo nella più bella nazione ferita. C’è un subbuglio che in noi preme. Vorremmo che un’occasione così fosse vissuta in pieno. Che non si censurasse nulla, perché i potenti – ricordiamolo – sono potenti per ser­vire le necessità dei popoli. Se no, so­no potenti ridicoli. E odiosi. E vor­remmo che l’Aquila rappresentasse in pieno la dignità di una nazione che ha dato e dà al mondo esempi di gusto della vita e di speranza. Che fosse un incontro serio tra il potere, la bellezza e le necessità. Su questo incontro il Papa, rinnovando la sti­ma a chi vi partecipa, chiede, anzi, supplica «l’assistenza di Dio». In questo strano teatro che è l’Italia ancora una volta, infatti, si incon­trano le grandi possibilità dell’uo­mo, la sua sete di bellezza e la sua fragilità. Che il G8 non sia solo oc­casione di passerelle o di polemiche (due volti dello stesso vizio di poca serietà) dipenderà da chi l’ha volu­to e da chi ha accettato l’invito. Per l’Italia è un’occasione unica di pro­porsi come un posto dove potere, bellezza e necessità non si sentono avversari. Dove, secondo gli inse­gnamenti dei padri e per serietà di fronte ai nostri figli, il potere è servi­zio per la speranza di tutti. Trovarsi qui in Italia non è come tro­varsi ovunque. Ogni luogo ha una caratteristica. La nostra è quella di 'amare la bella vita' come dicono in ogni parte del mondo. La bella vita. Perché la vita è bella ed è fatta per la bellezza. E nessun terremoto, nes­suna morte, e nessuna nostra colpa riescono a negare questa dramma­tica verità. La prova e il dolore sono un segno anch’essi: negando vita e bellezza ci fanno stare male, ce ne riaffermano la necessità. Siamo fat­ti per la bellezza. Che non è certo so­lo una cosa che riguarda il vestire o il mangiar bene. Il cantare o il giocar bene. La bellezza della vita è legata alla coscienza che essa abbia un sen­so, un destino buono. Un Padre no­stro che sei nei cieli... e qui tra chi soffre. I capi delle nazioni avranno un or­dine del giorno impegnativo. Bene­detto XVI lo ha umilmente, ferma­mente ricordato. Il mondo guarda a questi appuntamenti. Che uno di es­si avvenga in una terra da poco col­pita dal dolore centuplica la respon­sabilità dei partecipanti. L’Italia e l’A­quila si trovano a rappresentare i mil­le e mille luoghi da dove sale il grido di dolore del mondo. L’Aquila in que­sti giorni volerà per tutti i cieli dei racconti, da bocca a bocca, e da me­dia a media. Rappresenterà la bel­lezza e il dolore. La gioia e la re­sponsabilità di essere italiani. La gioia e la responsabilità di essere cit­tadini del mondo. I soliti corvi e cor­nacchie ci risparmino inutili strèpi­ti. Il G8 in questo posto divenuto ca­ro a tutti è un’occasione di grandez­za. D’animo e di decisioni. Si guardi l’Aquila, ammirando, tremando.
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