Non credo gli autisti dei bus di Genova siano tutti cresciuti dalle Orsoline o che ogni domenica frequentino devoti il collegio dei Gesuiti dove hanno studiato da ragazzi. Non credo nemmeno che abbiano tutti una incrollabile fede nella Chiesa una, santa e apostolica. Non mi pare che girino con una divisa da crociati mentre sono alla guida dei loro mezzi nel traffico di quella bellissima e dura città, nella luce bianca che viene dal mare e dal cielo aperto di Liguria. Probabilmente tra loro c’è chi ha molta fede, chi ne ha così così, e chi forse non ne ha, o sta cercando. La decisione di rifiutarsi di girare con quei manifesti contro Dio sui fianchi delle vetture non credo l’abbiano presa alla fine di una lunga riunione dove si sono affrontate dotte questioni teologiche o stabiliti sottili raffronti tra le dottrine di sant’Anselmo e di san Tommaso. Insomma, di fronte alla banalità di quella iniziativa credo che abbia prevalso il buon senso, o meglio il senso della dignità. Perché pensare di liquidare in modo così banale il problema di Dio con una pubblicità è un’offesa alla intelligenza prima ancora che alla fede. La sedicente unione di atei razionalisti è stata ridicolizzata nella sua saccenteria dal semplice buon senso di gente normale, che lavora tutti i giorni, che sa cosa è lavorare, amare, soffrire e magari farsi domande nel silenzio della coscienza o di fronte ai propri figli sul destino e sul senso delle cose. Un gruppo di autisti, non una facoltà di dottori della Chiesa. Perché basta, per così dire, essere uomini per capire la violenza stupida di quel messaggio. Dove la violenza di offendere la serietà di una questione così importante per i singoli e per la storia dell’umanità è pari solo alla stupidità di chi pensa di offrire riposte banali riducibili a slogan. Non c’è da essere per forza dei cristiani, non c’è da essere dei credenti per misurare la miseria di quella iniziativa. C’è solo da avere un senso di dignità. Perché a furia di banalizzare le cose, si fa crescere solo la banalità non si porta chiarezza sulle cose. E qualsiasi padre di famiglia, qualsiasi uomo o donna a cui scorre sangue nelle vene sa che Dio è una faccenda seria. Comunque la si pensi. Comunque si vedano le cose. Anzi, è proprio una di quelle faccende dalle quali si capisce anche la stessa serietà e importanza della persona umana. Insomma, proprio perché capace di porsi seriamente questioni come il problema di Dio, l’uomo dimostra di essere una realtà immensamente grande e piena di dignità. Lo aveva capito ed espresso tra gli altri un grande poeta come Ungaretti, o uno scienziato come Einstein. E tutta la storia dell’umanità è piena di questo problema, di questo Volto che sembra chiamare nella notte. Per questo gli autisti di Genova hanno reagito. Hanno capito una cosa semplicissima, che sfugge solo a certi atei che fanno dell’ateismo, paradossalmente, il proprio unico Dio. Del resto la Bibbia insegna che non esistono gli atei: li chiama idolatri, perché al vero Dio sostituiscono un idolo, magari il più misero che è la propria presunzione. Gli autisti hanno capito che se si banalizza il problema di Dio si sta banalizzando, si sta offendendo la statura dell’uomo. Dell’uomo che vive e lavora. Dell’uomo reale, non dell’uomo astratto dei dibattiti filosofici. Non hanno difeso Dio, hanno difeso se stessi, e la dignità delle persone che portano sull’autobus e nel cuore. Non è un caso che proprio grandi regimi che hanno professato l’ateismo – come il comunismo e il nazismo – hanno provocato le più gravi violenze sull’uomo. Hanno detto un no semplice, pieno di dignità, che è un sì libero alla umanità di tutti contro la saccente banalità di pochi.