venerdì 30 gennaio 2009
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Poco più di un anno fa la professoressa Leandra D’Antone, docente di storia contemporanea alla Sapienza, dedicò un saggio alla telenovela dell’autostrada Salerno- Reggio Calabria, il nastro d’asfalto che doveva collegare il Sud della penisola al resto del Paese e finì invece – colpa della miopia del legislatore e delle logiche dell’Iri – « con lo spezzare l’Italia in due » . Oggi – colpa della bizzarra orografia di un territorio ballerino e della scarsa attenzione all’ambiente - a trovarsi spezzata in due è la regione più meridionale dello stivale, quella Calabria nella quale i 180 chilometri tra Reggio e Cosenza richiedono la disponibilità di almeno quattro ore di tempo e tanta, tanta pazienza al volante. Un ciclista allenato avrebbe la meglio su un Tir. Sta franando, la Salerno- Reggio. Costoni fradici scivolano sui 443 chilometri dell’A3, i muraglioni di contenimento cedono, massi e detriti ostruiscono le carreggiate e bloccano il traffico, una regione resta paralizzata e il profondo Sud si allontana dall’Europa. A Rogliano pochi giorni fa una frana ha fatto due vittime. Ieri una tragedia è stata sfiorata presso Tropea, la tratta Scilla- Villa San Giovanni, porto d’imbarco per la Sicilia, è stata chiusa e una sessantina di chilometri dell’autostrada più tormentata d’Italia, mai completata nel suo ammodernamento, risultavano off limits. Poco male, dirà qualcuno. Si può ripiegare sulla viabilità ordinaria. Bene, sfidiamo chiunque non sia mai stato in Calabria ad affrontare i tornanti, le strettoie, le deviazioni, i sensi unici alternati, le buche e la segnaletica da incubo di un reticolo viario congestionato e datato sul quale comunque grava - al pari della grande incompiuta A3 - la minaccia della frana e del dissesto idrogeologico propiziato da dissennati comportamenti umani. I geologi mettono in guardia contro gli smottamenti? La cementificazione del suolo deve continuare perché così vuole una certa logica del profitto. Cambiare radicalmente il tracciato approfittando dei lavori di adeguamento dell’arteria? Non sia detto, si perderebbe tempo. In realtà, come in tutte le opere dove gira molto denaro entrano in gioco anche interessi di campanile, di bottega, e in qualche caso spunta inevitabilmente l’ombra di cosche e gruppi di malaffare. Non è un caso che dal novembre 2007 il governo abbia dichiarato lo stato d’emergenza per i cantieri ritenendo la zona ad alto rischio di frane e di incendi, e ne abbia affidato il commissariamento al prefetto di Reggio. Quanto ai tempi... Chi scrive queste righe nel luglio 2003 aveva avuto assicurazione da fonte Anas che l’ammodernamento della Salerno- Reggio sarebbe stato completato entro il 2008. Qualunque termine ultimo venga ipotizzato adesso una cosa è certa: non verrà rispettato. Che senso ha allora insistere sul ponte sullo Stretto di Messina? Il ponte potrebbe essere utile, sia chiaro. Ma se mai si facesse – c’è da dubitarne, problema dei costi a parte – come arriveremo alle rampe di accesso da Napoli, da Bari? Come si farà a superare l’imbuto calabrese? ( E anche quello siciliano: la viabilità isolana non gode di salute migliore). Affermare allora che la Salerno- Reggio Calabria è – certo non solo per gli eventi odierni – il ventre molle della rete autostradale italiana diventa perfino troppo facile, scontato. È di più: è il ventre molle di quel ventre molle più vasto costituito dal sistema dei collegamenti Nord- Sud. L’Europa brucia le distanze interne, l’Italia si allunga proprio mentre il territorio percorso dalla A3 presenta le maggiori deficienze nazionali nella qualità dei collegamenti, anche ferroviari. Ci fosse almeno un’autostrada vera. Alla fine, quando le frane saranno tamponate, il tracciato messo – si spera – in sicurezza, gli interminabili cantieri saranno chiusi e l’adeguamento ultimato ( quando?), il Sud estremo avrà in realtà ben poco di nuovo rispetto ad oggi: una corsia di emergenza. Utile, ma non in grado di rappresentare un volano per lo sviluppo.
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