Caro direttore,
il Tribunale di Roma, a seguito del ricorso promosso da due coppie fertili portatrici di malattie genetiche, ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità del divieto di accesso alla procreazione medicalmente assistita, imposto dalla Legge 40 alle coppie fertili. Le coppie ricorrenti intendono avvalersi della Pma per sottoporre preventivamente a screening genetico gli embrioni così ottenuti, impiantandoli solo dopo aver escluso in essi le malattie presenti nell’albero genealogico. Incomprensibilmente, la Presidenza del Consiglio ha deciso che martedì 14 maggio l’Avvocatura dello Stato non interverrà davanti alla Consulta per difendere la legge 40. La scelta del Governo Renzi sorprende e addolora.
Sorprende perché il governo smentisce il dato politico di una legge approvata dal Parlamento nel 2004 a larga maggioranza e sottoposta anche a verifica referendaria. Si tratta, dunque, di una decisione irrispettosa del Parlamento e dello stesso corpo elettorale, da cui traspare una pericolosa subordinazione al potere giudiziario, che lascia la Legge 40 come "indifesa" di fronte al progressivo smantellamento a colpi di sentenze portato avanti da settori ideologizzati della magistratura. La correttezza del gioco democratico richiederebbe, invece, che un Governo che decide di cambiare una legge, tanto più se si vanta di essere un Governo decisionista, lo facesse nelle aule parlamentari e alla luce del sole, rivendicando il primato della politica e assumendosi la responsabilità delle scelte, senza nascondersi dietro interventi della magistratura.
Ben più importante, tuttavia, è il fatto che il Governo Renzi rinuncia a mettere argini all’introduzione nel nostro ordinamento di un principio molto pericoloso di tipo eugenetico. L’ammissibilità della selezione eugenetica dei nascituri rischia, infatti, d’avvelenare il tessuto della nostra convivenza civile, contribuendo al diffondersi di un’idea di società capace di accogliere solo i sani e i forti e non già i fragili e i malati. Si tratta un germe infettivo che neppure il fascismo e la stessa legge 194/78 che legalizzò l’aborto avevano osato coltivare.
Occorrerebbe invece riaffermare con decisione che non esiste il diritto ad avere un figlio e ancor meno il diritto ad avere un figlio sano, che la genitorialità è piuttosto un dono che presuppone gratuità e dedizione, che essa non può confondersi con il desiderio individuale e che – in caso d’infertilità o di problemi genetici – la gratuità del dono potrebbe meglio esprimersi nel gesto solidale dell’adozione.
Confidiamo che i giudici costituzionali, nella loro saggezza, vorranno riaffermare l’orientamento solidaristico e inclusivo della nostra Carta fondamentale, evitando sul nascere ogni ritorno angosciante di fantasmi eugenetici, estranei alla cultura e al comune sentire del popolo italiano. L’essere umano, nel suo stadio di sviluppo embrionale, si trova certamente nel momento di massima dipendenza e fragilità. Proprio per questo ha diritto al massimo della tutela.
Auspichiamo infine che la Consulta voglia riaffermare una volta per tutte che il diritto all’autodeterminazione (invocato dalla coppia ricorrente) non può essere esercitato senza il suo bilanciamento con la tutela dei soggetti fragili coinvolti nelle scelte.
Un’ultima considerazione: il nostro Paese non esita a spendere forti somme nella fecondazione artificiale, ora anche eterologa; sarebbe un bel segnale se il Governo s’impegnasse per ridurre i tempi e i costi delle adozioni, sensibilmente ridottesi in Italia anche a causa di queste difficoltà.
*Presidente del Movimento per la Vita